L’‘ATTACCO’ USA E LA “DIFESA” CINA-RUSSIA
Dagli Usa il messaggio è netto: «il sostegno della Cina all’invasione dell’Ucraina avrà pesantesi conseguenze»; la “difesa” dei diretti interessati, lo è altrettanto in quanto viene smentita su tutta la linea la critica dell’Occidente al legame Russia-Cina sul fronte di guerra.
Dopo il semi-flop del vertice di Roma ieri, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha subito smentito la notizia secondo cui ci sarebbe stata una richiesta militare di Mosca a Pechino: il commento ufficiale del Partito Comunista cinese arriva poi con il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, «il Cremlino ha negato ieri che la Russia abbia chiesto alla Cina di fornire assistenza militare. Gli Usa creano e diffondono di tanto in tanto informazioni false, che non sono né professionali né etiche, per non parlare di responsabilità. La Cina ha espresso la propria volontà di aiutare la Russia? Così facendo gli Usa non faranno altro che screditare ulteriormente l’America nel mondo». Sempre Pechino, attraverso il direttore della Commissione affari esteri del Partito comunista cinese Yang Jiechi, ieri intervenuto a margine del vertice di Roma con Sullivan, invita tutti alla «massima moderazione nella gestione della crisi». Non solo, con il Ministro degli Esteri Wang Yi – al telefono con il suo omologo spagnolo Jose Manuel Albares – viene confermata anche una certa qual “distanza” dalle mosse di Putin contro Kiev, «La Cina non è parte della crisi, tanto meno vuole essere colpita dalle sanzioni». Davanti all’accusa degli Usa di voler sostenere la Russia, il diplomatico cinese ha risposto chiedendo di adottare tutti una «visione a lungo termine», sostenendo attivamente «una visione di sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile».
CHIUSO IL VERTICE DI ROMA: RISERBO QUASI ASSOLUTO DA USA E CINA
Si è concluso nel tardo pomeriggio l’importante vertice a Roma tra i massimi delegati diplomatici di Usa e Cina: Sullivan ha incontrato il capo della diplomazia Yang Jiechi al Rome Cavalieri, Waldorf Astoria Hotel, nel quartiere Monti.
Riserbo assoluto sul contenuto del vertice e pure sulle possibili conseguenze del colloquio tra Casa Bianca e Partito Comunista cinese: Sullivan ha fatto sapere di aver voluto incontrare l’omologo per aprire un canale stabile con Pechino «per una forte risposta internazionale e per delineare una strategia di sicurezza globale». Pesa come un macigno il nuovo scoop del Financial Times giunto in giornata per confermare non solo la richiesta russa di supporto militare dalla Cina – smentito con forza da Pechino e Mosca – ma anche il via libera dato da Xi Jinping all’invio di armi e aiuti al Cremlino. «Lo scopo dell’incontro di oggi era esprimere in modo molto chiaro a Pechino le nostre preoccupazioni rispetto a un suo coinvolgimento nella guerra in Ucraina» e ribadire alla Cina «che qualsiasi tipo di supporto a Mosca – militare o economico – comporterà delle implicazioni»: lo ha detto il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Ned Price, al termine del vertice di Roma tra Sullivan e Jiechi. «Preoccupa l’allineamento della Russia con la Cina» fanno sapere ancora dalla Casa Bianca al termine del vertice top secret di Roma presso il Rome Cavalieri. Slittato a domani mattino il vertice tra Jack Sullivan e il diplomatico del Premier Draghi: nel merito, fa sapere il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, «Se Stati Uniti e Cina stanno parlando dell’Ucraina, vuol dire che sta andando avanti quella linea che noi come governo italiano stiamo incoraggiando in tutte le sedi».
VERTICE USA-CINA A ROMA: DI COSA PARLERANNO
I negoziati raddoppiano: alla ripresa del quarto round di colloqui tra Russia e Ucraina per provare a trovare una seria e legittima tregua umanitaria sulla guerra scattata ormai 19 giorni fa (negoziati in videoconferenza, non un bel segnale a dirla tutta), segue l’importante incontro previsto in giornata a Roma tra Usa e Cina.
Dopo mesi di scontri a distanza, specie sui fronti caldi Hong Kong e Taiwan, il rapporto tra Biden e Xi Jinping è decisamente peggiorato con l’inizio delle ostilità in Ucraina, visto l’asse rinnovato tra Cremlino e Pechino: ora però, all’inizio della terza settimana di combattimenti, le più rosee speranze cinesi di un conflitto breve e di conseguenze economiche limitate si stanno velocemente convertendo all’allarme sul prossimo futuro. Non solo, all’indomani dei retroscena diffuso dal Financial Times – secondo cui Mosca avrebbe chiesto assistenza militare alla Cina – la decisione per un ritorno alla diplomazia “in presenza” è un segnale molto importante. Il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan incontrerà nella capitale italiana, a pochi passi dal Vaticano (non un caso visto l’intento di mediazione più volte rilanciato da Papa Francesco e dal Cardinal Parolin) il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Yang Jiechi; il tutto verrà seguito domani alle 8.30 con un colloquio privato di entrambe le parti con il consigliere diplomatico di Mario Draghi, l’ambasciatore Luigi Mattiolo. Fine della guerra in Ucraina, conseguenze economiche e commerciali, caro energia e embargo petrolio: ma anche Taiwan, Nato e futuro della geopolitica in Europa dopo la fine della guerra in corso. Di questo e di molto altro parleranno gli importanti diplomatici Usa-Cina giunti a Roma dopo la disponibilità data tanto da Kiev quanto da Mosca ad una possibile conferenza di pace a Gerusalemme.
GUERRA UCRAINA, LE MOSSE DI USA, CINA (E ITALIA)
«Sullivan incontrerà Yang Jiechi, membro del Politburo del Partito Comunista Cinese e Direttore dell’Ufficio della Commissione per gli Affari Esteri, nell’ambito dei nostri sforzi per mantenere aperte le linee di comunicazione tra Usa e Repubblica popolare. Discuteranno gli sforzi per gestire la concorrenza tra i nostri due Paesi e l’impatto della guerra della Russia contro l’Ucraina sulla sicurezza regionale e globale», così Emily Horne, portavoce del National Security Council, ha introdotto l’incontro di Roma previsto per oggi. La Casa Bianca vuole insomma accelerare la “pressione” contro Putin utilizzando il suo principale alleato, preoccupato a sua volta delle incalcolabili conseguenze economiche dopo la guerra e l’isolamento optato dall’Occidente contro la Russia (e chiunque è partner stretto). Con la “Nuova Via della Seta” a rischio per il caos ucraino, Xi potrebbe accettate un “compromesso” con il nemico americano per evitare guai peggiori sul fronte Est: con le schermaglie di rito che hanno preceduto il vertice – Pechino fa sapere che la richiesta di aiuto militare dalla Russia alla Cina è «pura fantasia occidentale» – in realtà un passo in avanti verso il proprio avversario è stato fatto dal capo della diplomazia di Biden. Sullivan ha infatti spiegato alla CNN «la Cina era consapevole che Putin pianificava qualcosa, ma potrebbe non averne compreso appieno la portata. È molto probabile che abbia mentito loro». Secondo il sinologo Francesco Sisci, raggiunto da Adnkronos, il vertice di oggi è importante non solo sul fronte Ucraina: «è chiaro che i russi vogliono convincere i cinesi a sostenere una pressione cinese sulla Russia per la pace in Ucraina, non una mediazione. Se i cinesi vengono con il capo della loro diplomazia, perché Yang Jiechi è un consigliere di Stato, vuol dire che c’è un interesse ma naturalmente credo che vogliano parlare di questioni più ampie, magari anche di altro rispetto al conflitto tra Russia e Ucraina». Non solo, conclude Sisci, «Non credo che la Cina voglia voltare le spalle alla Russia e abbandonarla. però cosa la Russia penserà di questo incontro? Certo oggi la posizione della Russia è ancora più difficile, perché non ha una vittoria sul campo, dove anzi la situazione diventa di giorno in giorno più difficile». In tutto questo il ruolo italiano torna ad acquisire un peso diplomatico finora mai avuto dall’inizio della guerra: in Ue a dominare le “mediazioni” finora sono stati Macron e Scholz, senza però ottenere granché dal fronte Putin e nemmeno sull’alleato Zelensky. Che sia Draghi – con l’importante moral suasion della Santa Sede – a rappresentare un “ponte” possibile tra Cina e Usa in vista di un prossimo colloquio in Israele, la vera speranza della Nato per risolvere diplomaticamente la guerra a Kiev.