MINNEAPOLISAnd Then There Were None… e poi non ne rimase più nessuno, come in Dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Se continuiamo così rischiano davvero di scomparire tutti. Tutti chi? Tutti quelli che si azzardano a cantare fuori dal coro del pensiero dominante. Potremmo dire tutti quelli che aprono bocca per dire quel che pensano (corretto o incorretto che sia), quel che credono (in buona o cattiva fede) e quel che vogliono farci credere (vero o falso che sia).



Questo vale per tutti quanti, tocca la vita quotidiana di tutti, ma è ovvio che sono i personaggi televisivi ad essere in prima linea. Se accendono un fiammifero nella trincea dei mass media, si ritrovano senza testa in un battibaleno. Basta dire una parola (sbagliata?), un commento (scorretto?) su razza, sesso, gender, orientamento sessuale, anomalie politiche ed anche uno che ci sta facendo la cronaca di una partita di pallacanestro ci lascia le penne scomparendo di scena a mo’ di Animal Farm (sono cose già abbondantemente successe).



In questo gioco al massacro i commentatori politici e sociali sono al tempo stesso i più potenti ed i più a rischio. Così è avvenuta la doppia decapitazione di lunedì ed interestingly enough è avvenuta su entrambi i fronti, nelle trincee degli opposti schieramenti, quasi in contemporanea: Don Lemon spazzato via da Cnn, Tucker Carlson scaricato da Fox News. Personaggi di primissimo piano. Lemon in particolare con tutte le credenziali ed i requisiti sia professionali (può non piacere – a me non piace – ma sa fare il suo mestiere) che socio-culturali (è African-American ed è pure omosessuale) per avere un ruolo molto importante in un network come Cnn. Ruolo infatti conquistato nel tempo, recentemente rafforzato con l’attribuzione di un nuovo incarico e mantenuto fino a questa mattina.



Analogamente Tucker Carlson, bianco, radici protestanti nell’anglicanesimo, arguto, brillante e capace di morsi velenosi al nemico, era di fatto il volto più popolare di Fox, l’emittente conservatrice, nonché l’araldo di spicco del “trumpismo” e del suo padre fondatore.

Due personaggi, Lemon e Carlson, di quelli capaci di mettere a dura prova con le loro affermazioni e provocazioni le fondamenta del Primo Emendamento, l’angelo custode della freedom of speech and press (and religion), della libertà di parola, stampa e religione. Insomma, sempre lì pushing the envelop, a forzare se non addirittura a superare i limiti costringendo tutti, dalla gente comune alla Corte Suprema, ad interrogarsi su questi indefinibili limiti. Libertà di parola o libertà di bugia?

Lemon e Carlson fatti fuori: cos’è successo? Come mai questa verticale ed inaspettata caduta in disgrazia di due pezzi da novanta?

Semplice: hanno detto cose che i capi dei rispettivi networks hanno ritenuto non andassero dette. Cose che Lemon e Carlson hanno creduto di poter dire proprio perché il mondo che li aveva creati aveva dato loro questa illusione di poter raccontare e magari manipolare la realtà secondo i loro parametri ideologici. E così, cose che fino al giorno prima erano loro permesse all’improvviso non lo sono più state.

Il signor Lemon aveva affermato in diretta televisiva che Nikki Haley, la 51enne candidata presidenziale del partito repubblicano, “Mi dispiace, ma non è nel fiore degli anni”. Non contento, si era anche spinto a dire che “…una donna è considerata nel fiore degli anni tra i 20 e i 30, forse 40”. Per poi respingere le obiezioni immediatamente mosse dalla co-conduttrice del programma con un lapidario “Sto solo dicendo quali sono i fatti”. Chissà che fatti avrebbe sottolineato oggi in merito alla ricandidatura dell’ottantenne Joe Biden… Lemon, ovvero un “professionista della non discriminazione”, un nemico giurato dell’America conservatrice e settaria, caught in the act, beccato in flagrante atteggiamento conservative e fatto fuori su due piedi.

I fatti (e la rivisitazione dei fatti in balle) sono anche alla base del licenziamento di Tucker Carlson. L’annuncio della fine dell’avventura tra lui e la rete tv è infatti giunto una settimana dopo che Fox News aveva negoziato la risoluzione di una ciclopica causa per diffamazione sulla diffusione di “bugie elettorali”. La Dominion Voting Systems, la società che produce macchinari e software elettorali, ha ritirato la sua denuncia per diffamazione a fronte di un risarcimento pari a 787,5 milioni di dollari. Fox, Tucker in testa, aveva fatto da altoparlante a tutta la narrativa di brogli messa in campo da Trump, quelle proclamazioni all’origine del drammatico assalto al Capitol del 6 gennaio 2021 i cui protagonisti erano stati definiti da Carlson come “mostly peaceful onlookers”, per lo più pacifici spettatori. Ma soprattutto pare che il network non sopportasse più gli ormai frequenti richiami di Carlson ad una maggiore osservanza dei principi del trumpismo rivolti dall’opinionista allo stesso Donald Trump! A tutto questo infine si aggiunge l’accusa di aver creato un ambito di lavoro impastato di misoginia e discriminazione.

Quindi, per carità, hanno sbagliato, che paghino.

Semplicemente mi disturba il pensiero che il mondo di oggi – e non solo quello dei media – è un Saturno sempre pronto a divorare le proprie creature che non stanno al passo con i tempi.

Purtroppo è la verità delle cose che sembra riscuotere poco interesse.

God Bless America!

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