Una rappresaglia iraniana per vendicare l’omicidio del generale Qassem Soleimani. L’ha scoperta la Cia: un piano per uccidere l’ambasciatrice americana in Sudafrica, Lana Marks, buona amica personale di Donald Trump. La notizia ha fatto immediatamente scattare la reazione del presidente americano, che ha minacciato l’Iran: la risposta Usa sarà “di grandezza mille volte maggiore”. A sua volta Teheran ha prontamente ribattuto, sconsigliandolo di agire perché “nel caso lo facesse, vedrebbe una decisa risposta dell’Iran”. Niente di nuovo “sul fronte iraniano”, verrebbe da dire, in quanto dal giorno della sua elezione Donald Trump ha fatto di tutto per mettere in crisi l’Iran, e in parte ci è riuscito, soprattutto con le sanzioni. Il problema è che il presidente americano si sta muovendo praticamente da solo: oltre naturalmente Cina e Russia, anche molti paesi europei non sembrano intenzionati a seguirlo più su questa linea politica. E dopo il 15 ottobre, quando scadrà l’embargo sulle armi all’Iran, c’è chi dice che l’Europa potrebbe anche seguire Cina e Russia nella fornitura di armi. Secondo il generale Carlo Jean, esperto di strategia, docente e opinionista, “Trump fa la voce grossa perché è in campagna elettorale e agli americani piace questo atteggiamento, ma contribuisce a rendere sempre più complicato il quadro asiatico”.



Da quando è stato eletto Trump non ha mai smesso di perseguire l’Iran. Qual è il suo disegno?

Trump è riuscito a mettere in ginocchio l’Iran, grazie alle sanzioni. In questo modo ha ottenuto il consenso dell’opinione pubblica americana e dei paesi arabi suoi alleati, come Arabia Saudita, Emirati Arabi e Bahrein, che proprio in questi ultimi giorni sono stati riconosciuti da Israele. Ha così creato un quadro ostile che, a parte l’Iraq, circonda l’Iran.



Il 15 ottobre prossimo scadrà l’embargo sulle armi come previsto dagli accordi del 2015, dal quale Trump si è sfilato appena eletto presidente. A Cina e Russia, stando ad alcune voci, si sono unite diverse nazioni europee con l’intenzione di diventare fornitrici di armi all’Iran. Trump è dunque rimasto da solo?

Non è tanto da solo. Oltre agli alleati europei degli Usa, ci sono anche gli alleati orientali come Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. Obbediscono alle sanzioni americane solo perché ci sono le sanzioni secondarie.

Sarebbero?

Prendiamo l’esempio di Leonardo, l’ex Finmeccanica, produttrice di armi e terza più grande azienda di difesa in Europa. Se dovesse vendere armi all’Iran, verrebbe immediatamente colpita da sanzioni e non potrebbe più esportare armi negli Usa.



Però si parla insistentemente di disaccordo europeo con gli Usa sulle sanzioni militari…

Succederà nel campo degli armamenti quello che è successo in campo economico. Se anche i governi dovessero seguire una linea politica differente dagli Usa, le aziende non lo faranno. Non potrà mai farlo l’Eni, per citarne un’altra.

Ci spieghi.

Le aziende sospenderanno le loro attività come vogliono gli Usa, anche se i rispettivi governi sono contrari, per non perdere appunto il mercato americano.

L’Iran ha stretto una forte alleanza con la Cina. Il vero obiettivo americano è spezzare questa alleanza?

La Cina è stata finora estremamente cauta. Ha elaborato una bozza di piano da 400 miliardi di investimenti, ma non ha ancora firmato nulla. La notizia è trapelata dall’Iran e non dalla Cina, perché la Cina non vuole scontentare gli Usa. Sicuramente l’Iran è una testa di ponte cinese sulla Via della Seta, e questo però avvicinerà l’India agli Usa. Di conseguenza anche la Cina si muove con cautela.

In che modo?

L’alleanza Cina-Iran avvicina agli Usa l’India, che aveva utilizzato l’Iran come punto d’accesso all’Asia centrale tramite due porti: uno per il corridoio nord-sud da Pietroburgo all’Iran e un altro che dal Mare Arabico dà accesso all’Afghanistan e all’Asia centrale, mettendo l’India alle spalle del Pakistan, che è alleato della Cina. È un gioco molto complesso.

In sostanza, queste minacce di Trump cosa significano?

Trump si avvicina alle elezioni e di conseguenza fa la voce grossa perché sa che agli americani piace.