Duro colpo alla legge pro-LGBT che negli USA – per volere dell’amministrazione di Joe Biden e Kamala Harris – mirava ad estendere una serie di protezioni attualmente riservate alle donne anche alla comunità trans: il testo (annunciato lo scorso aprile e che sarebbe dovuto entrare in vigore ad inizio mese) era immediatamente finito al centro di numerosi contenziosi legali da parte dei tribunali cosiddetti minori di quasi tutti gli stati Repubblicani; e dopo l’opposizione da parte della Casa Bianca la palla era passata in mano alla Corte Suprema.



Facendo un passetto indietro prima di arrivare al parere degli stati Repubblicani e – soprattutto – a quello della Corte Suprema, vale la pena ricordare che la legge pro-LGBT proposta da Biden mirava (così si era detto) a contrastare le discriminazioni basate sul genere delle persone non binarie, estendendo le norme contenute nel Titolo IX e permettendo anche alle donne trans (sia sottoposte ad operazione, che non) di accedere – tra le altre cose – ai bagni e agli spogliatoi riservati alle donne biologiche; il tutto mentre si obbligavano i docenti di ogni istituto finanziato a livello federale ad utilizzare i pronomi scelti dallo studente.



Il parere della Corte suprema sulla legge pro-LGBT di Biden

Com’era facilmente prevedibile, dopo l’annuncio dell’entrata in vigore della legge pro-LGBT si erano sollevate le opposizioni di 22 stati Repubblicani che lamentavano – e ci riferiamo per comodità solamente alle parole della procuratrice della Louisiana, Liz Murrill – diverse “preoccupazioni per la sicurezza delle giovani studentesse” che si sarebbero potute (inevitabilmente) trovare a condividere spazi sensibili e riservati – come appunto i bagni e gli spogliatoi – con dei malintenzionati ai sensi di un regolamento facilmente aggirabile semplicemente pretendendo di spacciarsi per un sesso diverso da quello realmente avvertito.



I 22 Stati – grazie ai loro tribunali minori – avevano bloccato l’intera legge pro-LGBT e l’amministrazione di Biden aveva tirato in ballo la Corte Suprema nel tentativo di far rispettare anche ai più reticenti il regolamento: ella giornata di ieri – venerdì 16 agosto 2024 – infine è arrivato il parere definitivo e vincolante della Corte che ha dato ragione agli stati Repubblicani permettendogli di evitare l’applicazione degli articoli su bagni e spogliatoi della criticata legge.