Come per la nazionale di calcio, dove tutti si sentono commissari tecnici mancati e chi va veramente in panchina ha sempre torto (soprattutto quando si perde), così molti – giunti al millesimo giorno di guerra – pensano di aver in mano le idee giuste per risolvere il conflitto in Ucraina.
Il problema è che ci sono obiettivi contrapposti, priorità diverse e soprattutto c’è chi gioca a distruggere più che a costruire.
Lo si è visto anche in questi giorni: appena all’orizzonte è apparso un barlume di possibilità per arrivare ad un “cessate il fuoco” si è fatto di tutto per affossare il tentativo. Eppure alcuni indizi sembravano decisamente interessanti, con l’elezione di Trump alla casa Bianca (che si è pubblicamente impegnato a giungere sollecitamente ad una composizione del conflitto e quindi non vorrà perdere la faccia), la lunga telefonata tra il cancelliere tedesco Olaf Scholz e Putin, l’ammissione (per la prima volta) da parte dello stesso Zelensky che “entro il 2025” a qualche accordo bisognerà pur arrivare.
Cominciamo dal fondo: il presidente ucraino sa di essere molto meno forte di prima, che in patria la sua popolarità è scesa tantissimo e il suo mandato è scaduto ormai da molti mesi. Sullo sfondo c’è soprattutto una situazione militare che per l’Ucraina sta diventando critica, con i russi che premono a sud e si avviano a riconquistare la sacca di territorio russo persa quest’estate.
In questa situazione di sua debolezza, l’ok americano per il lancio di missili a lunga gittata appare come una questione pericolosa e ambigua. Innanzitutto è strano che non ne abbiano parlato Biden e Trump nel loro colloquio di pochi giorni fa, e se fosse solo uno sgambetto di Biden al suo successore per complicare le cose, non si capisce dove sia comunque il vantaggio per il presidente democratico uscente. Questo anche perché dichiarare l’ok ai lanci come una risposta all’arrivo al fronte dei soldati nordcoreani appare una motivazione poco credibile, oltretutto dando un asset a Putin di continuare a distruggere le infrastrutture nemiche.
Certamente la mossa di Biden è infatti manna per i “falchi” del Cremlino che hanno aumentato la pressione su Kiev con bombardamenti sempre più intensi e con il rischio che – se sarà colpita qualche area russa in modo consistente dai missili americani – si scateni una escalation dove a rimetterci sarà prima di tutto proprio l’Ucraina.
Intanto l’Unione Europea è sempre più un fantasma che va in ordine sparso: la Germania flirta con Putin ma lo nega, la Lituania inneggia ai nuovi missili, la Polonia (dove pare che il 69% dei polacchi sia contrario a compromettersi con l’Ucraina considerata atavicamente ostile) il premier Donald Tusk fa alzare i propri caccia a titolo dimostrativo solo per aumentare la tensione, perché è evidente che i russi non hanno nessuna volontà di colpire la Polonia.
Tutto questo mentre è in corso a Rio De Janeiro l’ennesimo incontro-show del G20, che non è il G7 e dove, quindi, alcuni partner sono apertamente amici di Putin: al di là delle chiacchiere è evidente che sull’Ucraina ci sarà l’ennesimo nulla di fatto.
Nel frattempo però la gente continua a morire, l’esercito ucraino è in netta difficoltà, i russi avanzano inesorabilmente e non saranno certo bloccati dai nuovi missili. Quindi (e torniamo al punto di partenza) perché – sia per ragioni umanitarie che politiche e militari – non si cerca concretamente qualche spiraglio per giungere velocemente ad un “cessate il fuoco” almeno provvisorio?
Perché, appunto, la guerra è una miniera d’oro per molti, una polizza sulla vita politica di Zelensky, la possibilità di dimostrare la propria esistenza per Biden. Alla fine – come abbiamo scritto tante volte – rimandare un armistizio fa però solo comodo a Putin che infatti non lo reclama, anzi, sa di ritrovarsi comunque con più forza il giorno in cui le “democrazie” siederanno finalmente ad un tavolo di compromesso, perché tutti sanno che la guerra non è mai eterna e che prima o poi bisognerà pur fermarsi.
Si fosse fatto un accordo anno l’anno scorso (o già due anni fa), per l’Ucraina, l’Ue tutto l’Occidente sarebbe stato molto meglio; e invece no, avanti a testa bassa. Così Putin – da cinico che è – sorride e ringrazia.
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