Gli Usa vogliono che l’ex re del narcotraffico Joaquin Guzman, meglio noto come “El Chapo“, restituisca 12,6 miliardi di dollari, una somma che equivarrebbe ai proventi del traffico di droga negli Stati Uniti gestiti dal suo cartello. La richiesta è arrivata da parte della procura di Brooklyn, che ha chiesto ad un giudice di recuperare questa cifra sulla base delle numerose testimonianze di fornitori di stupefacenti durante il processo che lo scorso febbraio si è concluso con la condanna del boss messicano per omicidio e traffico di droga. I proventi delle attività illeciti del cartello del narcotraffico negli States sarebbero così suddivisi: 11,8 miliardi di dollari derivanti dal traffico di cocaina, 846 milioni dalla marijuana e 11 milioni vendendo eroina. Soldi accumulati in 25 anni di guida del cartello di Sinaloa e riciclati pagando i lavoratori e i fornitori, ma anche con l’acquisto di apparecchiature per le comunicazioni, aerei, sottomarini e altri veicoli. Come sottolineato da “La Repubblica”, prima di essere estradato negli Usa nel 2017 El Chapo conduceva una vita da nababbo, dotato di una flotta di aerei e navi.



EL CHAPO IN CARCERE: “CONDIZIONI CRUDELI”

Dopo la richiesta della procura di Brooklyn affinché El Chapo restituisca 12,6 miliardi di dollari è stato il suo legale, Jeffrey Lichtman, ad esprimere scetticismo, spiegando ai media Usa che si tratta solo di un “esercizio accademico” e che il governo non ha mai identificato un centesimo di questi 12,6 miliardi richiesti. Dal canto loro i procuratori sottolineano che “il governo non ha bisogno di provare che l’accusato può pagare” la somma richiesta ma solo che “è confiscabile”. Nel frattempo un altro legale del boss, Mariel Colon, ha chiesto ad un giudice federale di intervenire a favore del suo assistito, in prigione da 29 mesi, denunciando le condizioni “crudeli e insolite” della sua detenzione. L’ex re del narcotraffico si trova in isolamento a Manhattan all’interno di una cella senza finestre di 3 metri per 2,5. Guzman, come ha scritto il suo avvocato, non ha mai avuto accesso all’aria aperta o alla luce naturale. La luce è costantemente accesa nella cella e questo provoca al detenuto problemi da “privazione del sonno”. In più “la privazione della luce solare e dell’aria aperta in un periodo di oltre 29 mesi sta causando traumi psicologici” Guzman, che inoltre soffre a causa di un impianto di aria condizionata talmente rumoroso da impedirgli di dormire. Secondo il suo legale, che ha parlato apertamente di “punizioni”, il giudice dovrebbe concedere a El Chapo – scrive Repubblica – “due ore di esercizi all’aperto ogni settimana, oltre a tappi per le orecchie, gli stessi cibi e le stesse bevande servite agli altri detenuti e di permettergli di acquistare sei bottiglie d’acqua a settimana poiché negli ultimi sei mesi gli sono state date solo 22 bottiglie d’acqua piccole”. Questa richiesta è stata accolta con scetticismo e le autorità la respingono al mittente: il convincimento è infatti che si tratti di una mossa per provare ad evadere o a far tacere i testimoni che stanno collaborando.

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