Caro direttore,
trenta giorni dopo il foto-endorsement di Papa Francesco a Giuseppe Conte – non più Primo e non ancora Secondo – il ministro dell’Istruzione del Conte-2 (il pentastellato Lorenzo Fioramonti) ha proposto di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche. Il sospetto – presso più di un osservatore – è che un grillino doc abbia voluto colpire immediatamente un premier oltremodo trasformista: pronto, si è già scritto, a incarnare nel ventunesimo secolo la figura di Giulio Andreotti e riportare presso qualche ovile una parte dell’elettorato M5s.



Trentadue giorni dopo il tweet del presidente Usa Donald Trump a supporto della riconferma del premier italiano – incontrato al G7 di Biarritz – gli Usa hanno intanto annunciato dazi contro la Ue che andrebbero a colpire anzitutto l’agroalimentare italiano. Certo, il segretario di Stato americano Mike Pompeo è giunto ieri in visita a Roma: ma questo non ha fatto altro che alimentare nuove ipotesi sull’endorsement di Trump a Conte. Nella visione di Washington, infatti, l’Italia è stata costantemente un importante pied-à-terre in Europa: a tendenziale contenimento del ruolo dominante di Francia e Germania. Forse il dossier “dazi sul parmigiano” è l’ennesimo test doloroso per un Paese-pedina, inevitabilmente adatto a un governo debole. Una prova adatta per un premier politicamente apolide (non iscritto né eletto) e apparentemente gradito sia a Trump che a Emmanuel Macron, Angela Merkel, Ursula von der Leyen e perfino alla severissima Margrethe Vestager, la supercommissaria all’Antitrust Ue.



A proposito di Italia & Ue: appena 18 giorni dopo il giuramento del governo “ribaltonista”, il nuovo ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, a Malta, è stata sbrigativamente congedata da Ue, Francia e Germania con una sorta di comunicato-stampa di rinnovo delle buone intenzioni europee sul fronte dei migranti, quello su cui è maturato – almeno in apparenza – l’espulsione dall’esecutivo della Lega di Matteo Salvini. Non da ultimo – anzi – la presentazione del NaDef, la prima bozza della manovra 2020, ha chiarito che la flessibilità finanziaria che il Conte-2 conta ragionevolmente di meritare dall'”Europa di Orsola” è del 2,2% sul Pil (contro il 2% del 2019): non certo il 3% che – quasi a reti unificate – i media italiani accreditavano in dote al nuovo ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, direttamente richiamato da Strasburgo.



Quanti affidavit al Conte-2 – oppure promessi fuori Italia dal premier ribaltonista – sono subito svaniti sulle sabbie di fine estate. Eppure su importante quotidiano italiano, appena dopo l’esito del voto in Austria, si è potuto leggere di presunti auspici europei che il cancelliere riconfermato a Vienna possa imitare Conte. La realtà resta che Sebastian Kurz – in un voto anticipato dopo l’Ibiza-gate che ha semiaffondato l’ex partner di ultradestra Heinz-Christian Strache – ha incassato il 37% a nome di una formazione conservatrice affiliata al Ppe. Conte 1+2 rimane un privato cittadino, mai candidato e mai eletto a nulla: solo “sintonico” a un movimento politico considerato tuttora esemplare del populismo antagonista in Europa. Buono solo per regalare in Parlamento europeo i voti decisivi per la conferma di von der Leyen alla Commissione Ue. Salvo tornare subito “impresentabile e indesiderabile” – almeno finora – presso qualsiasi gruppo parlamentare di Strasburgo sia stato sondato da M5s.