Il deficit degli Usa è esploso, anche se l’economia cresce. Dopo la spesa record del Governo nel 2020 e nel 2021 per combattere l’impatto del Covid-19, come riportato dal Washington Post, il valore era sceso da quasi 3 trilioni di dollari a circa 1 trilione di dollari. È stato tuttavia un sospiro di sollievo momentaneo. Poco dopo, infatti, è nuovamente scattato verso l’alto e probabilmente entro il 30 settembre, quando termina l’anno fiscale, arriverà a circa 2 trilioni di dollari, raddoppiando.



L’aspetto curioso del fenomeno è che l’economia americana nel suo complesso è in forte crescita, con minimi storici della disoccupazione e solidi profitti aziendali. In genere, infatti, i deficit si contraggono quando l’economia cresce, perché le imprese e i consumatori devono di più in tasse e il Governo non ha bisogno di spendere tanto per proteggere coloro che hanno perso il lavoro. In periodi di recessione, invece, avviene il contrario. In questo momento le previsioni però non si stanno verificando.



Usa, il deficit esplode ma l’economia cresce: il parere degli esperti

“Vedere un deficit così alto negli Usa, inferiore solo a quello di grandi crisi come la seconda guerra mondiale, il crollo finanziario del 2008 o la pandemia di Coronavirus, in un’economia con bassa disoccupazione è davvero sbalorditivo. Non c’è mai stato niente di simile”, ha commentato Jason Furman, economista che ha lavorato nell’amministrazione di Barack Obama. “C’è un’economia buona e forte, senza nuove spese di emergenza, eppure un deficit come questo. Il fatto che sia così grande in un anno fa pensare che debba essere in corso qualcosa di strano”.



È per questo motivo che gli esperti chiedono al Governo di prendere provvedimenti per invertire la rotta per evitare conseguenze peggiori. “Un debito che cresce molto più velocemente dell’economia farà salire i tassi di interesse, ridurrà gli investimenti economici e nel tempo renderà i pagamenti degli interessi la più grande spesa federale, rischiando una crisi del debito federale”, ha avvertito Brian Riedl, un economista del Manhattan Institute.