Di questi tempi stanno destando una certa sensazione, e un certo imbarazzo, gli interventi di Elon Musk sulla politica italiana. D’altra parte sarebbe difficile negare quanti interventi sono stati fatti da politici italiani sulla politica americana al tempo delle elezioni Usa. Non mi risulta che dall’America siano venute molte proteste per le presunte ingerenze degli italiani sulla loro competizione elettorale: non saprei se questo è perché secondo loro, gli americani, l’Italia può dire quello che vuole, tanto cambia poco.



Intanto ha vinto Trump, amico – forse anche qualche cosa di più – di Elon Musk e costui, forte della sua genialità capace di produrre denaro, e relativi consensi, ha cominciato a dare lezioni a tutti, noi compresi.

A parte il fatto che bisognerebbe spiegare al signor Musk che le elezioni le hanno vinte negli Usa e non altrove, c’è da registrare la reazione scandalizzata della sinistra ma anche quella imbarazzata della destra: “Bello, stai calmo, le elezioni siamo capaci di vincerle anche noi!”



Forse mi ha aiutato a capire un po’ la situazione il fatto di aver visitato la geniale mostra, aperta presso le Gallerie d’ Italia in piazza della Scala ed intitolata Il Genio di Milano. Attraverso una serie interessante di dipinti e di documenti vi si illustra come dal periodo dalla fondazione del Duomo fino al Novecento gli esponenti della cultura milanese abbiano saputo imporsi per l’autorevolezza delle loro proposte. Lavorando per la loro città i milanesi hanno saputo proporsi al mondo, infatti ancora oggi possiamo vedere le tracce della loro opera insieme a una moltitudine di stranieri da ogni parte del globo.



Se c’è una critica garbata che mi sono sentito di fare al direttore delle Gallerie è che la bella mostra non mette molto in risalto il fatto che, a differenza di Roma, dove il Papato ha garantito una certa indipendenza rispetto ai potenti stranieri, Milano, anche quando è stata sottoposta alla dominazione prima dei Francesi, poi degli Spagnoli, poi degli Austriaci, ha saputo mantenere una propria indipendenza culturale tanto da dare lezioni anche ai dominatori. Come quando il Canova andò a Parigi a recuperare il Codice Atlantico che il primo inviato dell’Imperatore d’Austria aveva scambiato per una raccolta di fogli insignificanti.

Ora, tornando a Musk, lui, come chiunque altro, può pensare e dire quello che vuole, ma siccome è un po’ più potente di qualunque altro, non può non tenere conto della ricaduta di quello che dice. Comunque da parte nostra una volta tanto tutti sono stati sostanzialmente d’accordo di mantenere l’unità nazionale nel disaccordo verso “l’invasore straniero”. Ovviamente dobbiamo anche avere l’umiltà di imparare da lui ciò che vale la pena di imparare. Quanto ad insegnargli qualcosa, a parte un certo savoir faire sconosciuto ai cowboys, possiamo accompagnarlo a visitare i laboratori scientifici del Metropolitan Museum di New York, dove tanti (anche giovani) italiani sono chiamati a condividere con gli americani e con genti di altri Paesi non solo la loro competenza tecnologica, ma anche la loro notevole competenza culturale.

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