Alcuni hacker cinesi avrebbero tentato di sabotare ben 200mila computer Usa, ma le autorità a stelle e strisce sarebbero riuscite ad impedire che un virus si insinuasse nelle suddette macchine. Questo quanto riporta stamane il quotidiano Libero, che parla di uno sventato cyberattacco agli Stati Uniti, in un periodo storico in cui la guerra sta diventando sempre più informatica visto che bloccare internet, significa di fatto bloccare un Paese, soprattutto una nazione estremamente tecnologica e informatica come appunto quella a stelle e strisce.



Stando a quanto riferisce il quotidiano italiano, alcuni hacker cinesi avrebbero tentato di installare un programma malevolo su 200mila dispositivi americani, non soltanto computer ma anche router, hard disk, telecamere e registratori, tutti ovviamente collegati in rete. Attenzione, gli hacker cinesi non avevano inserito alcun esplosivo nelle macchine suddette, come ad esempio fatto sui cercapersone di Hezbollah (attentato la cui matrice non è ancora certa), ma in ogni caso avrebbero provato ad introdurre una sorta di malware che avrebbe messo fuori uso un bel po’ di tecnologia.



ATTACCO HACKER CINESI AGLI USA: IL GRUPPO DEI FLAX TYPHOON

A ufficializzare la vicenda è stato il ministero della giustizia degli Stati Uniti, parlandone pubblicamente lo scorso 18 settembre, mercoledì di questa settimana, raccontando di aver appunto sgominato una squadra di hacker cinesi che in rete è nota come Flax Typhoon.

Miravano ad obiettivi cosiddetti sensibili degli Stati Uniti, e stando a quanto scrive Libero, si tratta di veri e propri agenti addestrati direttamente dalla Repubblica Popolare Cinese, che ufficialmente sono impiegati presso il gruppo di Pechino chiamato Integrity Technology Group, che però nel settore privato (per camuffarsi) usa il nome di Flax Typhoon. Il software che si è tentato di introdurre sulle 200mila macchine si chiamava KRLab, un’applicazione online che una volta che raggiunge l’obiettivo permette il controllo dello stesso.



ATTACCO HACKER CINESI AGLI USA: L’OBIETTIVO DEL BOTNET

Lo scopo era quello i creare una rete, leggasi una “botnet” costituita appunto da tutti i dispositivi che venivano controllati a distanza dagli hacker cinesi e che venivano chiamati “zombie”, morti che camminano, visto che di fatto non erano più al servizio del proprietario. L’FBI racconta anche di un altro attacco sventato sempre con matrice il gigante asiatico, leggasi un cosiddetto denial-of-service, o DoS, che significa una massiccia offensiva che di fatti “manda in palla” il dispositivo colpito, rendendolo quindi inutilizzabile.

Come ricorda Libero, si tratta della seconda volta che i federali a stelle e strisce riescono a sventare un cyberattacco massiccio da parte di hacker cinesi, anche se non è stato specificato il precedente caso. Certo è che secondo il ministro della Giustizia, Merrick B. Garland e per Matthew G. Olsen, assistente per la Direzione della sicurezza nazionale, si tratta di sabotatori cinesi che sono all’attivo dal 2021 e che fra i loro vari obiettivi hanno anche Taiwan, quello che è il nemico numero uno della Cina.