Dopo la settimana passata dal Presidente degli Stati Unti Joe Biden in Europa occorre chiedersi quali scenari si aprono e quali sono le opportunità e i rischi che essi presentano. Il Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ha correttamente detto che lo scenario probabile è la riapertura della trattativa per il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (in inglese Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP), inizialmente definito Zona di libero scambio transatlantica (TransAtlantic Free Trade Area, TAFTA).
Sono passati alcuni anni da quando queste sigle non compaiono più neanche sulla stampa economica specializzata. Quindi è bene ricordare che si tratta di un accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato dal 2013 tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America. L’obiettivo è quello di integrare i due mercati, riducendo i dazi doganali e rimuovendo in una vasta gamma di settori le barriere non tariffarie agli scambi, ossia le differenze in regolamenti tecnici, norme e procedure di omologazione, standard applicati ai prodotti, regole sanitarie e fitosanitarie. Ciò renderebbe possibile la libera circolazione delle merci, faciliterebbe il flusso degli investimenti e l’accesso ai rispettivi mercati dei servizi e degli appalti pubblici.
Se il progetto andasse in porto, verrebbe creata la più grande area di libero scambio al mondo, poiché Ue e Usa rappresentano circa la metà del Pil mondiale e un terzo del commercio globale. L’accordo potrebbe essere esteso ad altri Paesi con cui le due controparti hanno già in vigore accordi di libero scambio, in particolare i paesi membri dell’Accordo nordamericano per il libero scambio (Nafta) e dell’Associazione europea di libero scambio (Efta).
L’accordo è costituito da 24 capitoli suddivisi in 3 parti, le cui direttive di negoziato sono state declassificate su impulso italiano e rese pubbliche dalla Commissione europea nell’ottobre 2014. Sono state iniziate pubbliche consultazioni online su alcuni temi di rilievo. La Commissione europea ha pubblicato sul suo sito una panoramica in cui si illustrano i contenuti salienti del TTIP.
A fine agosto 2016 il vicecancelliere tedesco in un’intervista ha affermato: «I negoziati con gli Stati Uniti sono effettivamente falliti perché come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane». Inoltre, su 27 capitoli neanche su uno le delegazioni erano giunte a un accordo dopo 14 round di colloqui. Anche la Francia a maggio 2016 si era detta contraria al libero scambio «senza regole». Altre critiche riguardano la «scarsa trasparenza della trattativa» e la possibilità che l’apertura dei commerci comporti una riduzione delle regole a difesa dei consumatori. L’Amministrazione Trump era in linea di principio contraria alla liberalizzazione degli scambi.
A mio avviso, queste critiche sono piuttosto futili. In tema di trasparenza, da che mondo e mondo, trattative internazionali avvengono con un certo grado di riservatezza, pur se per il TTIP non solo sono stati pubblicati i principali testi, ma si sono tenute anche audizioni pubbliche; in ogni caso, il Trattato, ove parafato dai Governi, sarebbe dovuto essere ratificato dai Parlamenti. L’eventuale «mancanza di regole» è alquanto opinabile poiché ove il TTIP una volta parafato e ratificato avesse delle carenze in questa materia si sarebbe applicato il corpus giuridico dell’Organizzazione mondiale del commercio.
In effetti, il TTIP punta a un accordo che dovrebbe «liberalizzare un terzo del commercio globale» e, secondo gli ideatori, «creerebbe milioni di nuovi posti di lavoro». Con dazi tra Usa e Ue già bassi, lo United Kingdom’s Centre for Economic Policy Research stima che l’80% dei potenziali vantaggi economici derivanti dal trattato dipendano dal ridurre i conflitti legislativi tra Europa e Stati Uniti, spaziando dalla sicurezza alimentare e farmaceutica alle componenti per automobili. Una strategia ritenuta di successo da Thomas Bollyky (del Council on Foreign Relations) e da Anu Bradford (della Facoltà di Legge alla Columbia University), che si focalizzerà sui settori del commercio per i quali normative transatlantiche e locali possono spesso sovrapporsi, per esempio il settore farmaceutico, agricolo e finanziario.
Secondo uno studio della Commissione europea del 2015, il TTIP dovrebbe far crescere l’economia europea di 120 miliardi di euro, quella statunitense di circa 90 miliardi e quella mondiale di circa 100 miliardi di euro. Tutte cifre da aggiornare dopo la pandemia.
A mio avviso, i benefici potenziali della ripresa del negoziato in un’ottica di una sua conclusione positiva sarebbero proprio di facilitare l’uscita dell’economia mondiale dalla brusca contrazione causata dal Covid-19. Impedirebbe il ripetersi della frammentazione dell’economia internazionale quale verificatasi dopo la fine della Seconda guerra mondiale e l’epidemia “spagnola”, Sarebbe anche una risposta ai tentativi della Cina di diventare “l’economia dominante” a livello mondiale. E costringerebbe la Federazione Russa a fare delle scelte in materia di politica economica internazionale.
Le opportunità quindi sono molteplici.
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