Per la quinta volta in una settimana le forze militari statunitensi hanno lanciato un’offensiva significativa contro i ribelli Houthi nello Yemen, colpendo svariati siti missilistici. Il Comando centrale degli USA ha sottolineato la minaccia imminente dei missili Houthi per le navi commerciali e della Marina degli Stati Uniti. Una dichiarazione del comando ha enfatizzato l’urgenza di questi attacchi, notando che i missili Houthi erano pronti per un uso imminente, rendendo necessaria un’azione difensiva immediata da parte delle forze statunitensi. Si prevede che queste operazioni, insieme ad altre misure, impediranno in modo significativo alla capacità degli Houthi di lanciare assalti armati contro la navigazione internazionale e commerciale nel Mar Rosso, nello Stretto di Bab-el-Mandeb e nel Golfo di Aden.
Gli attacchi degli USA e della Gran Bretagna sono iniziati nella notte tra l’11 e il 12 gennaio, in risposta a settimane di attacchi ribelli contro navi commerciali nel Mar Rosso. I ribelli Houthi hanno ripetutamente dichiarato che le loro azioni in queste acque sono una rappresaglia all’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, iniziata il 7 ottobre. In una notevole escalation, il 17 gennaio, gli USA hanno reinserito i ribelli Houthi dello Yemen nell’elenco dei terroristi globali, ripristinando le sanzioni associate. Questa mossa annulla la precedente decisione del presidente Biden di rimuovere gli Houthi dall’elenco, che era stata una revoca della designazione del gruppo come entità terroristica globale da parte dell’ex presidente Trump nei suoi ultimi giorni in carica. La decisione iniziale di Biden era stata motivata dalla preoccupazione per l’impatto umanitario delle sanzioni sulla popolazione yemenita, già sofferente a causa di una lunga guerra civile. I ribelli Houthi sono una delle fazioni chiave nella guerra civile dello Yemen, che è iniziata con rivolte popolari che hanno costretto l’ex presidente Ali Abdullah Saleh a cedere il potere al suo vice, Abdrabbuh Mansour Hadi, il 23 novembre 2011. La presidenza di Hadi è stata sopraffatta da varie sfide, consentendo ai ribelli di sfruttare le sue debolezze. All’inizio del 2014, il gruppo armato ha preso il controllo della provincia di Saada, nel nord dello Yemen, e successivamente della capitale, Sana’a, costringendo Hadi alla fuga.
Preoccupata che lo Yemen potesse diventare un satellite dell’Iran, l’Arabia Saudita, insieme ad alleati regionali e con il sostegno di diversi Paesi occidentali, ha avviato una campagna aerea il 26 marzo 2015, mirando a una rapida vittoria contro gli Houthi e al ripristino del governo di Hadi. Tuttavia, il conflitto si è prolungato, portando a quella che le Nazioni Unite hanno descritto come “la peggiore crisi umanitaria al mondo”. La guerra ha causato migliaia di vittime civili, ha spostato 4,5 milioni di persone all’interno del Paese e ha spinto oltre i due terzi della popolazione sotto la soglia di povertà. Negli ultimi anni l’Arabia Saudita ha mostrato interesse nel perseguire un processo di pace per ritirarsi dalla guerra e concentrarsi su ambizioni interne. L’ONU ha mediato un cessate il fuoco che è iniziato il 2 aprile 2022. Questo cessate il fuoco, inizialmente riuscito per sei mesi, è scaduto il 2 ottobre dello stesso anno. Da allora, i combattimenti nello Yemen non si sono intensificati significativamente.
Tuttavia, come affermato dall’inviato dell’ONU nello Yemen, Hans Grundberg, il 10 luglio davanti al Consiglio di Sicurezza, gli scontri armati intermittenti tra i ribelli Houthi e le forze governative yemenite continuano a mettere alla prova gli sforzi di pace. I ribelli si battono per il controllo dei porti, del commercio, delle banche e delle risorse naturali, in una lotta per la ricchezza economica che “è diventata inseparabile dal conflitto politico e militare”. Questo scenario complesso evidenzia la natura intricata della guerra civile nello Yemen, dove le dinamiche geopolitiche regionali e globali si intrecciano con le esigenze e le sofferenze della popolazione locale. Mentre il mondo osserva, la crisi umanitaria continua a rappresentare una sfida imponente per la comunità internazionale, richiedendo un approccio equilibrato e sensibile per affrontare sia le esigenze di sicurezza che quelle umanitarie.
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