Le associazioni di studenti universitari che si schierano dalla parte di Hamas sono sempre di più negli Usa. “Il regime israeliano è l’unico responsabile per la violenza”, hanno scritto ad Harvard. Ma non solo. Anche a Berkeley, in California, e alla Columbia di New York sono apparsi documenti di “sostegno incondizionato”. La presa di posizione è chiara, anche se le Università ci tengono a specificare che non è direttamente l’ateneo ad esporsi.
La vastità del consenso all’organizzazione terroristica, come ricostruito dal Corriere della Sera, è preoccupante. Negli Usa, come d’altronde accaduto anche in Italia in queste settimane, si sta sviluppando una “contro-cultura”, figlia dell’educazione al dissenso e alla libertà di espressione con cui sono state educate le nuove generazioni. Il rischio è che questi elementi siano tuttavia estremizzati, anche a costo di rinunciare agli ideali più spinti di quest’epoca. Ad esempio la battaglia contro il sessismo e l’omofobia, che vengono condannati dall’islam senza eccezioni.
Usa, universitari pro Hamas: “È colpa di Israele”. La paura di antisemitismo
Dietro al sostegno degli universitari negli Usa ad Hamas, adesso, c’è l’ombra dell’antisemitismo. A lanciare l’allarme, con una lettera aperta, è stato un dottorando in storia ebraica di Harvard, che si è firmato J.J. Kimche. “In quanto nipote di un sopravvissuto di Auschwitz e studente di storia degli ebrei in Germania, ho sempre fatto fatica a credere che un popolo di alta cultura come i tedeschi, la nazione di Goethe e di Beethoven, potesse mostrare simpatia e perfino entusiasmo per lo sterminio nazista degli ebrei. Ora ci credo. L’ho visto succedere qui”, ha scritto.
E continua: “In un momento di tremenda chiarezza morale, quando dei terroristi sterminano con gioia intere famiglie di ebrei, ti aspetteresti dai tuoi compagni di studi di ogni credo politico che si uniscano nell’orrore. Non solo i nostri compagni non hanno condannato questo genocidio, ma lo hanno giustificato e celebrato. Come possiamo condividere alloggi, classi, scambiare idee, con dei compagni pronti a giustificare e festeggiare la nostra uccisione. E se domani un terrorista di Hamas dovesse farci a pezzi?”.