Cosa pensano gli analisti australiani del recente accordo siglato con Londra e Stati Uniti? Fino a questo momento ci siamo limitati a riportare il punto di vista francese ma è fondamentale, per avere un giudizio equilibrato, riportare anche il giudizio degli studiosi australiani su questa travagliata vicenda. Secondo John Bruni, fondatore di Sage International, il governo Morrison ha compiuto un enorme passo avanti nel contrastare la minaccia rappresentata dalla Repubblica popolare cinese.



La prima fase dell’accordo di sicurezza Aukus (acronimo di Australia, Regno Unito e Stati Uniti) prevedeva la cancellazione del travagliato contratto sottomarino francese da 90 miliardi di dollari australiani. Senza entrare troppo nei dettagli, i negoziatori australiani erano profondamente scontenti di come i francesi non fossero disposti a muoversi su questioni considerate prioritarie dagli australiani per quanto riguarda il contratto Shortfin Barracuda. Gli americani erano scontenti che il processo di valutazione competitiva del sottomarino 2015 (Cep) della Royal Australian Navy non avesse scelto il design giapponese poiché qualsiasi barca australiana avrebbe dovuto integrare la tecnologia americana, il che significava che, dal punto di vista dell’alleanza, lo scafo giapponese sarebbe stato molto più adatto per le contingenze Anzus (trattato Anzus tra Nuova Zelanda, Australia e Usa) Indo-Pacifico. Naturalmente, al momento della scelta del progetto del sottomarino per l’Australia, i francesi hanno esercitato forti pressioni per ottenere il redditizio contratto, e l’inesperienza nell’esportazione da parte della difesa giapponese ha impedito loro di allestire un caso altrettanto convincente.



Ora, dopo cinque anni e 2,4 miliardi di dollari australiani spesi per lo sfortunato progetto Shortfin Barracuda, il contratto è stato scartato e sostituito da un progetto molto più ambizioso: costruire una classe di sottomarini a propulsione nucleare per la Royal Australian Navy è qualcosa che una fazione all’interno della Ran ha sempre voluto ma non avrebbe mai pensato possibile, perché la classe politica e il collegio elettorale australiano sono in gran parte “antinucleari”.

A causa di ragioni dunque sia politiche ma anche tecniche, l’analista australiano sottolinea con molto realismo come il progetto potrebbe subire un ridimensionamento, cioè si potrebbe arrivare alla costruzione soltanto di otto sottomarini.



Inoltre, Canberra potrebbe non essere in grado di garantire l’assemblaggio di tutte imbarcazioni. Ciò non sarebbe sorprendente, considerando la mancanza di esperienza dell’Australia nella costruzione di sottomarini a propulsione nucleare che sono navi tecnicamente più complesse delle barche diesel-elettriche. Passiamo adesso alla questione francese.

I francesi hanno espresso la loro rabbia a Canberra per aver rinunciato al contratto Shortfin Barracuda. Questa reazione deriva dal fatto che per il governo Macron, lo Shortfin Barracuda era un fulcro dell’impegno francese nell’Indo-Pacifico. Una vendita di successo di sottomarini in Australia avrebbe potuto comportare futuri lucrosi contratti. L’annuncio di Morrison ha inferto un duro colpo a Parigi, e ci vorrà del tempo prima che il rapporto dell’Australia con la Francia trovi un nuovo equilibrio positivo. Probabilmente per il breve e medio termine, il rapporto sarà aspro e teso. Certo è vero che l’annuncio avrebbe potuto essere fatto in un modo più rispettoso per limitare il danno diplomatico a Parigi, ma – sottolinea in modo allusivo John Bruni – si potrebbe sostenere che attraverso questo accordo il Regno Unito si è vendicato per essere stato invitato a ritirarsi dal sistema di navigazione satellitare europeo Galileo dopo aver investito oltre 1 miliardo di dollari australiani in quel progetto.

Vediamo infine la reazione cinese.

Il presidente Xi Jinping e il Partito comunista cinese sono scontenti. Gli accordi di sicurezza dell’Australia con il Regno Unito e gli Stati Uniti possono essere interpretati da Pechino solo come un “atto ostile”. L’Australia è ora uno stato in prima linea nella più ampia competizione strategica internazionale tra gli Stati Uniti e la Repubblica popolare cinese. Tuttavia l’esercito cinese non rappresenta lo stesso tipo di minaccia globale di quella rappresentata dall’Unione Sovietica durante la Guerra fredda. Sicuramente l’Australia, che ospita alcune strutture statunitensi a sostegno della rete satellitare americana di raccolta di informazioni e militari globali, sarà sempre un bersaglio attraente per un occasionale missile balistico, nucleare e non. Ma questo funziona solo quando due potenze hanno missili balistici e/o parità nucleare. Attualmente, la flotta cinese di missili balistici intercontinentali non ha parità con gli Stati Uniti.

Alla fine, dal punto di vista strategico, l’adesione di Morrison all’Aukus ha senso. È nella natura dell’Australia raggiungere gli Stati amichevoli grandi e potenti affinché si sentano coinvolti nella sicurezza dell’Australia.

Sul fronte europeo invece si sottovaluta il fatto che la Brexit e le ambizioni del governo Johnson di trovare un percorso per tornare alla rilevanza globale hanno cambiato l’equazione della sicurezza del Regno Unito e l’hanno resa molto più favorevole alla ricerca di nuovi accordi di sicurezza.

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