Le due più grandi economie mondiali, Stati Uniti d’America e Cina, stanno rendendo sempre più complessi i loro scambi commerciali, facendo presagire che la situazione futura potrebbe inasprirsi ancor di più.

Dopo la grande pandemia del 2020 e la successiva guerra in Ucraina, diverse economie mondiali, tra cui gli Stati Uniti e l’Europa, hanno iniziato a rendersi conto della loro significativa dipendenza dall’approvvigionamento di materie prime da altri Paesi. Questo è stato evidente in Europa con il gas naturale proveniente dalla Russia e si riscontra anche negli Stati Uniti per quanto riguarda l’approvvigionamento di chip, semiconduttori, batterie elettriche e tutto ciò che vi è correlato.



L’inizio della guerra in Ucraina ha portato al deterioramento delle relazioni tra le principali potenze mondiali. Il famoso concetto di globalizzazione si è essenzialmente invertito, dando spazio alla “deglobalizzazione”, con le potenze mondiali che ora mirano a diventare autonome nella produzione di determinate materie prime e prodotti, al fine di ridurre la dipendenza da altre nazioni.



Un esempio lampante di questa situazione è rappresentato dal confronto tra Stati Uniti e Cina. I Presidenti Joe Biden e Xi Jinping si erano incontrati l’ultima volta il 15 novembre 2023 a San Francisco, il secondo incontro ufficiale da quando Biden è diventato Presidente degli Stati Uniti. L’obiettivo di quell’incontro era cercare di porre fine ad alcuni dei conflitti che stavano mettendo a dura prova i rapporti tra le due potenze. I principali argomenti discussi riguardavano l’avvio di un dialogo militare tra le due nazioni e la negoziazione di accordi commerciali reciproci riguardanti lo scambio di semiconduttori e materie prime essenziali per la produzione di chip e batterie elettriche.



Tuttavia, questi sforzi per risolvere le divergenze tra i due Stati sembrano essere stati vani. Attualmente, gli Stati Uniti hanno imposto diverse restrizioni sull’esportazione di chip utilizzati nel campo dell’intelligenza artificiale verso la Cina. Queste misure sembrano mirare a limitare l’accesso della Cina alle risorse che potrebbero potenzialmente favorire il suo progresso tecnologico rispetto agli Stati Uniti. Alcune delle principali aziende americane nel settore dei chip, come Nvidia e Intel, stanno cercando di aggirare il problema producendo chip di potenza leggermente inferiore, al fine di poterli esportare legalmente in Cina.

Questa Guerra fredda si combatte però su due fronti, e anche la Cina ha risposto al fuoco, andando a limitare le esportazioni di minerali quali grafite, gallo e germanio, essenziali nella produzione di semiconduttori.

Recentemente gli Stati Uniti hanno introdotto una nuova restrizione commerciale nei confronti della Cina. Il 14 maggio 2024, l’Amministrazione Biden ha deciso di aumentare i dazi su specifiche categorie di prodotti importati dalla Cina, con l’obiettivo di promuovere l’economia locale e la produzione interna. Questa misura prevede un aumento dei dazi su un valore stimato di prodotti pari a circa 18 miliardi di dollari. Tra le categorie di prodotti interessate vi sono i semiconduttori, le celle fotovoltaiche e le batterie al litio, per le quali l’aliquota è stata incrementata dal 25% al 50%. Tuttavia, l’aumento più significativo riguarda le importazioni di veicoli elettrici, un settore in cui la Cina è un importante produttore tramite case automobilistiche come Byd, la quale offre prezzi molto competitivi rispetto ai produttori americani. L’aliquota per le importazioni di veicoli elettrici è stata aumentata dal 25% al 100%, rappresentando un notevole incremento.

Grafico 1 – Tariffe doganali Statunitensi sulle importazioni dalla Cina

Nel lontano 2019, l’Amministrazione Trump ha avviato una serie di procedure per aumentare i dazi su specifiche categorie di beni importati dalla Cina, riguardanti un valore stimato di circa 350 miliardi di dollari. Queste misure hanno coinvolto una vasta gamma di prodotti, con un’aliquota media di circa il 25%. Tale politica ha suscitato notevoli turbolenze sui mercati finanziari, alimentando preoccupazioni sul futuro delle relazioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina.

Le attuali misure di Biden riguardano un ammontare molto inferiore di beni rispetto a quelle dell’Amministrazione Trump, ma presentano aliquote molto più elevate e proibitive, soprattutto su beni destinati ad avere un mercato molto ampio in futuro. Di conseguenza, queste nuove politiche potrebbero non avere un impatto immediato sui flussi commerciali attuali, ma potrebbero influenzare quelli futuri in modo significativo.

La visione dell’attuale Amministrazione americana, e in generale degli Stati Uniti, è quella di ridurre la dipendenza dagli Stati esteri e promuovere l’economia interna, anche a scapito degli acquisti di determinati prodotti stranieri attraverso politiche tariffarie. Iniziative come il Chips Act dimostrano l’intenzione degli Stati Uniti di favorire la produzione nazionale, attraendo le principali aziende leader nei settori strategici all’interno del Paese. Sarà fondamentale monitorare attentamente la situazione per capire se l’aumento dei dazi sulle importazioni sarà la via giusta verso gli obiettivi degli Stati Uniti, oppure se potrebbe comportare effetti indesiderati. È importante ricordare che la Cina è una grande produttrice di terre rare, fondamentali per l’industria delle batterie e dei semiconduttori, e potrebbe utilizzare questo vantaggio in risposta alle politiche commerciali americane.

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