Il fondatore di Bridgewater, Ray Dalio, a proposito dello scontro in atto tra Cina e Stati Uniti ieri avvertiva della possibilità di una “guerra di capitali”: “c’è una guerra commerciale, c’è una guerra tecnologica, c’è una guerra geopolitica e potrebbe esserci una guerra di capitali”. Questa guerra “potrebbe avere grandi implicazioni, per esempio per il valore del dollaro”.



I mercati assistono allo scontro da qualche anno; negli ultimi mesi, complice la pandemia da coronavirus, lo scontro è peggiorato con la chiusura reciproca dei consolati per accuse di spionaggio. Prima è stato il turno del consolato cinese di Houston, poi di quello americano a Chengdu. I mercati scontano uno scenario di peggioramento delle relazioni graduale e progressivo, ma comunque sostenuto da politiche robuste di immissione di liquidità delle banche centrali; queste leniscono gli effetti, amplissimi nel lungo periodo, di una ridefinizione dei commerci e della produzione globale e di un ribilanciamento del deficit commerciale americano.



Le tensioni, che durano da anni, non hanno impedito ai mercati americani di continuare la corsa verso il rialzo prima che il Covid facesse danni; da diversi mesi il recupero dei mercati è stato continuo nonostante il livello dello scontro sia aumentato. L’assunzione non detta, probabilmente, è che questo scontro non porterà a nessuno shock “vero” sui mercati e che le tensioni crescenti non si traducano, a un certo punto, in un’aperta guerra di capitali.

Dalio cita, come esempi, nuove regole che limitino gli investimenti finanziari americani in Cina o la possibilità che gli Stati Uniti decidano di non ripagare gli interessi sulle obbligazioni alla Cina. Dalio teme un salto quantico nello scontro tra le due potenze e che questo salto avvenga su mercati che oggi viaggiano con il pilota automatico delle banche centrali. Introdurre un elemento di rottura profonda in questo ambito vorrebbe dire far finire la “magia” che oggi ha tenuto i mercati al riparo dalla peggiore crisi economica degli ultimi decenni. I mercati sono stati una forza “stabilizzante” rispetto agli shock subiti dall’economia negli ultimi mesi.



Qualsiasi decisione che rompa la magia e introduca un elemento di rottura vero, magari come risposta cinese alle recenti dichiarazioni americane, avrebbe degli effetti molto pronunciati sui mercati perché l’andamento economico è pessimo ed estremamente sfidante.

La sensazione è che le parole di Dalio più che una previsione siano un avvertimento rispetto a una minaccia che è reale; una minaccia reale, come probabilmente suggerito anche dall’exploit dell’oro. L’America in questo momento subisce gli effetti della pandemia e quelli di enormi tensioni sociali che difficilmente si spegneranno prima di novembre; Trump ha dalla sua la Fed e i mercati che rassicurano i risparmiatori americani. “Far saltare” i mercati potrebbe essere una tentazione irresistibile, ma, data la situazione, dalle conseguenze imponderabili.