Dopo il crollo dell’Austria-Ungheria voluto dal capitalismo liberista franco-anglosferico dopo la Grande Guerra, l’effetto contro-intuitivo più potente che sconvolse il potere mondiale fu l’ascesa di quella che era stata la grande potenza protezionista europea: la Germania.
Il destino tedesco fu il destino dell’Europa continentale: la Francia proiettò sull’Europa il potere che le proveniva dal domino africano, ma fu definitivamente declassata dalla posizione egemone che nel tardo ottocento aveva condiviso con la Prussia unificatrice di ciò che rimaneva dell’Impero.
Oggi questo destino ritorna nelle mani teutoniche, perché la Germania è trascinata dalla sua potenza terrestre a un comune destino con la Russia e la Cina, che sono cadute ormai in un declino irreversibile. Due potenze imperiali che sono oggi in conflitto insanabile con gli Stati Uniti, determinati ad estendere la dottrina Monroe manu militari in tutto il mondo.
Di qui la volontà nordamericana di declassare definitivamente il potere economico teutonico. La Polonia e il plesso scandinavo-baltico diventano la nuova spalla del fucile americano.
Ma la crisi tedesca – provocata dalle sanzioni alla Russia dopo l’aggressione putiniana all’Ucraina e dalla stagnazione cinese che sconvolgerà il Partito comunista – è destinata a trascinare con sé tutta l’Europa e a sconvolgere definitivamente il costrutto istituzionale dell’Ue.
Il crollo del dominio franco-tedesco dell’Ue si combinerà con la crisi economica. Come la crisi economica è il frutto dell’anarchia capitalistica, così la crisi dell’Ue sarà il frutto della crisi franco-tedesca.
L’Ue sta perdendo il punto archetipale (la Germania) del suo meccanismo di ricerca dell’ordine istituzionale sempre più precario per l’auto-referenzialità crescente della sua tecnocrazia burocratica. Dunque l’entropia continentale ha inizio e due anarchie si potenzieranno incrementando il disordine.
L’anarchia economica capitalistica non è stata dominata dalla crescente centralizzazione istituzionale che ha caratterizzato gli Stati posti sulle faglie strategiche dopo la Prima guerra mondiale e che sono ancor oggi i dominatori delle poliarchie del pianeta. Iniziarono i tentativi statunitensi dopo la Società delle Nazioni e il Trattato Briand-Kellogg per la pace universale: dopo la sconfitta del nazifascismo, poi, si intraprese la via della creazione di barocche istituzioni sovranazionali, dall’Europa al Pacifico, eterodirette dal vincitore della seconda guerra mondiale: gli Usa.
E furono Bretton Woods, la Banca mondiale e poi, ancora, sulle orme dei regolatori francesi e le teorie monetarie di Triffin, quella che sarà l’Ue. Ma l’Ue non poteva non essere un condominio franco-tedesco a cui si aggiunse, per pressioni Usa, la nucleare Gran Bretagna come antemurale antisovietico.
Dopo il crollo dell’Urss il condominio è divenuto, da piattaforma militare, albergo di lusso per una burocrazia insaziabile, sempre dominata politicamente dalla Francia ed economicamente dalla Germania. Al tempo stesso l’unificazione tedesca ha fatto crescere quantitativamente il dominio teutonico grazie all’eliminazione di una moneta troppo forte per le esportazioni come il marco: ecco l’avvento dell’euro.
La politica economica dell’austerità da moneta unica – senza debito per la crescita ed economia mista – ha accompagnato ormai da molti anni un destino europeo che via via si è fatto più dipendente dalla necessità di confronto da un lato con la neo-propensione imperialistica russa, e dall’altro con il dilemma di Tucidide dell’ascesa cinese nell’Indo-Pacifico e in Africa. È questo dilemma che deciderà il futuro europeo, dopo la contaminazione pandemica e il conflitto tra le borghesie russe ed ucraine: la prima imperiale, la seconda alla ricerca di un destino neo-risorgimentale.
Tutto si ripete ciclicamente e Gianbattista Vico si rivela assai più potente di qualsiasi altro interprete di quest’era della storia mondiale.
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