Mentre la videoconferenza tra Biden e Putin era ancora in corso, Bloomberg inviava un “alert” significativo: gli Stati Uniti chiederebbero alla Germania un impegno a “chiudere” il gasdotto Nord Stream 2 in caso di invasione dell’Ucraina da parte russa; tra le altre opzioni in campo ci sarebbero un’ulteriore stretta sulle sanzioni e l’esclusione della Russia dallo Swift. La Casa Bianca al termine dell’incontro ha fatto sapere che gli Stati Uniti hanno avvisato la Russia che in caso di un’escalation militare in Ucraina risponderebbero con forti misure economiche e non solo.
Le opzioni sul tavolo rendono evidente, se mai ci fosse ancora bisogno, che qualsiasi aumento delle tensioni con la Russia, ancora di più con il coinvolgimento diretto delle truppe, avrebbe seri impatti sull’Europa e sulla sua economia e sicuramente molto superiori a quelli che avrebbero gli Stati Uniti. Quest’ultimi sono il primo produttore al mondo idrocarburi, gas e petrolio inclusi, e le relazioni commerciali con la Russia sono ridotte al minimo.
Le relazioni commerciali tra Russia ed Europa, in particolare con la Germania e l’Italia, sono invece consistenti. La costruzione di impianti e installazioni per l’estrazione di gas e petrolio in Russia spesso vede imprese europee vincere contratti da miliardi di euro che danno lavori, ben pagati, a tanti ingegneri; è solo uno dei tanti esempi. Come dimostra la caparbietà con cui la Germania ha difeso il Nord Stream 2, le forniture di gas russo sono decisive per un continente che non ha giacimenti sul proprio territorio e che negli ultimi anni ha perso posizioni nel Mediterraneo dove si affacciano Paesi ricchi di idrocarburi; emblematico in questo senso è quanto successo in Libia negli ultimi anni. La Libia, fino all’intervento anglo-francese un partner chiave dell’Italia, oggi vede in prima linea Russia e Turchia.
L’Europa non è attrezzata per uno scenario di scontro con la Russia, né militarmente, né soprattutto economicamente; il prezzo che pagherebbe l’Europa per difendere l’Ucraina verrebbe subito dalle famiglie e dalle imprese europee e sarebbe un conto salato.
C’è un secondo tema che spesso viene trascurato. L’Europa non ha una politica energetica unica, come nel caso americano, e all’interno dell’Unione convivono Stati che hanno il nucleare e che subirebbero un impatto limitato e altri che invece dipendono completamente dal gas. Le tensioni con la Russia, sia in termini di sanzioni che di limiti alle forniture di gas, aprirebbero fratture all’interno dell’Unione anche solo, banalmente, per una divaricazione della performance economica dovuta a fattori completamente esterni. Il recente indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro riflette diversi fattori e molto probabilmente anche gli effetti di un salto in avanti nelle tensioni con la Russia.
In questo scenario le recenti proposte e passi in avanti per la creazione di un esercito europeo, sostanzialmente a guida francese, parallelo alla Nato, complicano il quadro perché rischiano di lasciare sola l’Europa mentre si apre un fronte che scarica pressioni difficili da gestire e dalle conseguenze politiche e sociali imprevedibili.
Ieri il mercato ha consegnato una delle migliori performance degli ultimi mesi nonostante gli articoli che comparivano sui principali organi di informazione internazionale. L’indebolimento netto dell’euro sia nei confronti del dollaro che del franco svizzero sono elementi da considerare per avere il quadro completo. Come minimo non tutti si potranno permettere gli stessi rialzi dei tassi.
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