Giulia Bovassi, Associate Researcher e Assistant Professor Cattedra Unesco in Bioetica e Diritti Umani a Roma, in una intervista a La Verità, ha parlato delle nuove frontiere della genitorialità e, in particolare, dell’utero artificiale in affitto. “Esso consiste nella gestazione senza corpo della madre, totalmente gestita attraverso una sorta di incubatrice meccanica”, ha spiegato.
Le prime anticamere di questo meccanismo sono già state sviluppate. “Ha fatto scalpore un articolo dove viene annunciato che Overture Life, una startup spagnola, ha progettato un sistema automatizzato per fecondare una cellula uovo con iniezione spermatica mediante un ago robotico sotto supervisione di ingegneri non specializzati nelle tecniche di riproduzione assistita”. Il sistema potrebbe far sì che la fecondazione artificiale diventi più semplice ed economica. “L’obiettivo dichiarato è di ottenere globalmente molti più nati di quelli generati naturalmente. Questo mediante mezzi ‘sostenibili’ e ‘solidali’, cioè non solo attenti a persone che vivono in condizioni di infertilità o sterilità, ma anche di povertà, non potendo perciò permettersi i costi elevati delle consuete tecniche di procreazione medicalmente assistita”.
“Utero artificiale presto potrà essere affittato”. Il parere di Giulia Bovassi
L’ipotesi di dare la vita attraverso un utero artificiale in affitto ha creato da un lato molto entusiasmo, dall’altro lato altrettante polemiche. “È una prospettiva che trova ampio consenso se considerata in continuità con la lotta all’emancipazione femminile dalla propria natura biologicamente predisposta alla maternità. Sarebbe, in quest’ottica, lo scenario di perfetta parificazione tra uomini e donne in quanto queste ultime liberate dalla costrizione del grembo. In realtà, a questo fanatismo tecnocratico, consegue la costruzione di una civiltà senza madre formata da una massa di individui allevati, dove il valore dell’essere umano, in particolare la donna, decade nell’insignificanza”, ha commentato Giulia Bovassi.
Il rapporto tra l’uomo e la tecnica sembrerebbe dunque stare raggiungendo limiti invalicabili. “Si sta cercando di plasmare un nuovo tipo d’identità umana: senza genere, ibrida, anarchica e meccanica, come un qualunque prodotto fabbricato. In bioetica si parla di un fenomeno di umanizzazione della tecnica e tecnicizzazione dell’uomo”, ha concluso.