UTERO IN AFFITTO, ANCHE LA FRANCIA COME L’ITALIA STOPPA IL REGOLAMENTO UE SUI FIGLI DI COPPIE LGBT
Non è dunque solo l’Italia ad aver posto più di un dubbio sul Regolamento Ue sui diritti dei bambini delle coppie omogenitoriali: dopo che il Senato ha bocciato le norme sul riconoscimento automatico trasfrontaliero dei figli, anche di coppie omosessuali o nati grazie alla maternità surrogata, ora è la Francia a fermare l’iter delle norme Ue temendo che proprio queste nuove regole possano dar surrettiziamente via libera alla pratica della maternità surrogata (GPA).
Lo spiega oggi “Il Foglio” dando notizia dei dubbi manifestati da Parigi, tramite la Commission des Lois del Senato: è stata adottata una risoluzione molto analoga a quella approvata in Italia che mette in contestazione il regolamento Ue in quanto via «surrettizia per imporre la maternità surrogata». La risoluzione francese, approvata e promossa dal senatore repubblicano Dominique de Legge, rileva che il certificato di filiazione non rispetta inoltre i trattati europei i quali invece lascerebbero piena autonomia agli Stati sui temi come il diritto di famiglia.
FRANCIA TEME LA CONSEGUENZA DELL’UTERO IN AFFITTO: COSA SUCCEDE ORA
In sostanza, non solo il riconoscimento automatico dei figli di coppie gay rischierebbe di dare il via libera all’utero in affitto – che ricordiamo essere reato tanto in Italia quanto in Francia: è il principio di sussidiarietà, che è cardine dei trattati Ue, ad essere spazzato via qualora fosse ratificato tale regolamento sul tema LGBTQ. «Il Senato ritiene che la scelta della Commissione Europea di preferire al dialogo con gli stati membri su eventuali difficoltà da superare, la proposta di un regolamento che mira a imporre il riconoscimento reciproco “automatico” di tutte le filiazioni stabilite in ogni stato membro non sia rispettoso della ripartizione delle competenze previste dai trattati», si legge nella risoluzione della Francia.
La proposta portata avanti nel pacchetto “Equaity Package”, rileva ancora Parigi, non tiene conto dell’interesse superiore del bambino oltre che essere in violazione del principio di sussidiarietà: «inviolabilità della dignità umana (articolo 1), divieto di fare del corpo umano una “fonte di lucro” (articolo 3) e diritto dei bambini di conoscere i loro genitori e le loro origini (articolo 24)». Era del resto stato solo un anno fa che il Presidente Macron, davanti al tema possibile di riammettere l’utero in affitto come pratica consueta, si era scagliato con un “no” secco, «mette in discussione la dignità del corpo della donna». Da oggi l’Italia non è più da sola nel contrastare la politica dell’inclusività ai limiti dell’ideologia imposta dall’Europa.