È un mondo strano il nostro. Tanto strano che l’ex presidente di Volkswagen Italia Giuseppe Tartaglione una volta l’ha definito “un caciocavallo”, largo in basso, stretto al centro e con una palla in alto. Come il mercato dell’auto, che lo scorso anno ha guadagnato quasi niente e nel quale tutti i segmenti (le categorie delle vetture in base alle caratteristiche fisiche) hanno registrato un calo di vendite, tranne tre: il più basso e i due più alti.



Il primo è quello che comprende, ad esempio, le Panda, le Smart, le Toyota Aygo, le Hyundai I10, ed è cresciuto di quasi il 10% arrivando a contare oltre 325 mila auto vendute. Gli altri due segmenti, quelli delle auto di lusso e di superlusso, hanno immatricolato 41 mila auto crescendo del 2,5%. E le auto che hanno avuto i maggiori incrementi di vendita sono le Porsche 911, le Mercedes Gt, le Bmw Serie 8. È un bel mondo per chi se lo può permettere, ma, bisogna dirlo, è un mondo in cui il numero delle persone ad alto reddito cresce e nello stesso tempo aumenta con una velocità maggiore la massa di coloro che devono ridurre le proprie pretese e scalare di categoria comprando qualcosa di più economico.



E basta un esempio: lo scorso anno le vendite di Porsche in Italia sono cresciute del 28,6% (avete letto bene: ventotto virgola sei per cento), a quota 6.710 veicoli e negli ultimi dieci anni nel nostro Paese le immatricolazioni delle vetture di Zuffenhausen sono molto più che raddoppiate, crescendo del 121%. Merito dell’ampliamento della gamma, di una politica che ha mantenuto il fascino del marchio, di scelte intelligenti a livello locale. E fa piacere sapere che ogni giorno dell’anno, feste escluse, una ventina di italiani siano saliti sulla loro Porsche nuova di zecca.

Sarebbe anche un bel segnale per il Paese se non ci fosse la “teoria del caciocavallo” e se, guardando solo alle auto, per ogni italiano che passa dalla classe media all’Olimpo dei motori ce ne sono anche una ventina che scendono di livello andando a comprare una entry level del segmento A, una piccola utilitaria. Categoria che, come se non bastassero i mille problemi che affannano il settore, ha già da tempo cambiato pelle. Perché di auto davvero economiche non ce ne sono più. E probabilmente non avranno neanche un grande futuro.



Vi ricordate la Fiat 126? Era lunga poco più di 3 metri, e quando è uscita nel 1972 costava di listino 795mila lire, poco più di 6.500 euro di oggi. In vent’anni di produzione l’hanno comprata oltre 4,6 milioni di persone. Che oggi per quella cifra non potrebbero comprare assolutamente niente. Per spendere poco bisogna salire di categoria e comprare una Dacia Sandero, che costa meno di 8.000 euro di listino, è più grande e appartiene a un marchio che può permettersi di fare questi prezzi perché utilizza gli impianti già largamente ammortizzati dalla capogruppo Renault. Insomma, sono le Renault di qualche anno fa. Per un’auto piccola del segmento A, invece, servono più di 10mila euro al netto delle promozioni e per molti modelli la cifra sale anche di molto in base alle dotazioni di serie.

Perché il problema delle utilitarie, al netto di tutte le questioni insormontabili legate alla mobilità elettrica, comincia a essere questo. Molte delle cose che troviamo su un’auto sono obbligatorie per legge come le cinture e gli airbag o la chiamata d’emergenza. Molte lo diventeranno dal prossimo anno come la frenata automatica, l’alcoolstop che impedisce di avviare l’auto se il guidatore ha bevuto alcolici, il rilevamento della stanchezza del conducente, la scatola nera, il mantenimento automatico della corsia, la gestione delle aree di impatto. Altre dotazioni come i vetri elettrici, l’Abs, la radio Dab, il collegamento allo smartphone sono ormai considerati indispensabili dagli automobilisti. Più o meno sono gli stessi per ogni categoria di auto, ma per le utilitarie questi maggiori costi finiscono col pesare di più in percentuale sul prezzo di listino.

Come se non bastassero, la necessaria evoluzione tecnologica dei motori termici fa salire i costi di produzione che si riverbera sul prezzo finale. Il risultato è che le auto piccole costeranno più o meno come le auto più grandi, saranno in pochi a comprarle e molte case automobilistiche le faranno uscire dalla propria gamma.