In attesa che da Roma arrivino indicazioni più chiare, tra rumors e indiscrezioni di stampa arrivate negli ultimi giorni dopo che il premier Conte ha confermato che il 4 maggio sarà una data spartiacque (adelante come vuole il mondo dell’imprenditoria, ma “con juicio” tenendo conto dei moniti della comunità scientifica) verso la Fase 2 nell’emergenza Coronavirus nel nostro Paese, molti si domandano come saranno le vacanze estive in Italia ai tempi del Covid-19. Tra i primi protocolli che cominciano a circolare, proposte e anche una bozza di documento realizzata da FederBalneari in vista della stagione vacanziera 2020, due sembrano essere i punti fermi: da una parte cercare a tutti i costi di aprire gli ombrelloni e provare a salvare per quanto possibile gli introiti del comparto turistico nei mesi estivi, e dall’altra salvaguardare la salute e rispettare le raccomandazioni degli esperti ricorrendo anche a soluzioni a volte originali o comunque ingegnose. Ma come saranno le vacanze nella Fase 2? Ecco di seguito alcune delle ipotesi allo studio e delle anticipazioni in attesa di quelle che saranno le linee-guida ufficiali.
VACANZE ESTIVE: COSA SUCCEDERA’ NELLA FASE 2?
Come detto, affinché si possa vivere per quanto possibile una stagione estiva in tutta sicurezza, pur dovendo “convivere col virus”, la prima ipotesi sul tavolo (specialmente per quanto riguarda il turismo balneare e nelle località di mare, ovvero i luoghi dove c’è maggiore apprensione per i potenziali contagi), si parla già di spiagge libere da affidare ai privati e di ingressi a numero chiuso ai lidi con tanto di prenotazione anticipata via app per regolamentare l’afflusso; tra le proposte emerse dalle diverse Regioni c’è anche quella di un “turnover da spiaggia” con sessione di poche ore tra gli astanti che poi lasceranno il lettino ad altri, salvo previa disinfezione e sanificazione. Non ha riscosso grande successo invece la proposta delle pareti in plexiglass per separare gli ombrelloni (per il Governatore della Liguria, Giovanni Toti, anzi inutile perché opprimenti e anzi limiterebbero i raggi UVA che sono un naturale disinfettante contro il virus) mentre più sensata pare l’idea di mantenere distanze di almeno due metri (ma si parla anche di quattro) tra le diverse postazioni in modo da non contingentare eccessivamente gli ingressi in spiaggia e quindi affidarsi anche al buon senso delle persone. Da questo punto di vista le Regioni Lazio e Veneto si sono già portate avanti proponendo una bozza di piano per garantire spiagge sicure e senza assembramenti, grazie anche a un minimo presidio delle forze dell’ordine.
INGRESSI LIMITATI, CONTROLLI E SANIFICAZIONE COSTANTE
Tra le ipotesi al vaglio c’è anche quella di prevedere l’impiego dei Vigili o di altri uomini delle forze dell’ordine (ad esempio la Polizia Municipale, ma qualcuno ipotizza pure i volontari o i percettori del Reddito di Cittadinanza) per far rispettare la distanza e le altre norme igieniche, in modo da evitare soluzioni drastiche come gli ingressi limitati: regole stringenti ci saranno per gli ingressi, i controlli ai varchi dei bagnanti, dei veri e propri steward che accompagneranno all’ombrellone e una sanificazione rigorosa di sdraio e lettini, nonché di docce, cabine e spogliatoi. Ci dovrebbe essere poco spazio invece per i tradizionali sport da spiaggia e le attività ludico-ricreative sull’arenile come in piscina, purtroppo, e lo stesso varrà per i più piccoli. Infine, negli ultimi giorni stanno circolando anche proposte meno convenzionali e in cui si cerca di ovviare alle limitazioni che riguarderanno il turismo balneare in modo originale: ad esempio, nel Lazio si è proposto di incentivare le vacanze di prossimità con convezioni speciali con Trenitalia in modo da far viaggiare, in modo sicuro e organizzato, i turisti su binari e verso località di villeggiatura della Regione; invece è interessante la proposta di un ingegnere ambientale, Gianluca Langiu, che ha ideato la cosiddetta “Safe Beach Space”, un sistema di delimitazione visiva per le spiagge il cui copyright è già stato adottato in ben 176 Paesi e ben prima che scoppiasse la pandemia da Coronavirus.