La vacanza è vacanza. Niente lavoro, niente pensieri, niente incombenze. Ma un minimo di neuroni è meglio tenerli sempre in attività, vista la mole di incidenti che si registrano proprio durante le vacanze. E mica eventi fortuiti, totalmente imprevedibili: per la maggior parte si tratta di distrazioni, imprudenze, scarsa preparazione, incoscienza. Un mix che trasforma spesso la vacanza in tragedia, sia al mare che in montagna o al lago.
Mare. Sulle coste venete, a parte gli incidenti “fisiologici” (malori tra gli anziani, rischi di annegamento per bimbi che eludono i controlli), non passa anno che qualcuno tenti un tuffo da un pontile accorgendosi troppo tardi dell’insufficiente profondità dell’acqua, riportando danni fisici anche gravissimi (il caso più recente proprio pochi giorni fa, a Jesolo). Il pericolo a volte si nasconde dove nessuno lo aspetta, e non sempre si è così accorti da verificare eventuali rischi. Per Paolo Rosi, direttore del Dipartimento regionale Suem 118, si tratta di sottovalutazione: “Spesso le tragedie succedono per uno stupido gioco: gente che sfida il divieto ben visibile in tutti i pontili e si butta lo stesso senza rendersi conto del pericolo”.
Montagna. In montagna la situazione non cambia, anzi gli interventi di soccorso si stanno moltiplicando, sempre per escursionisti in difficoltà. Il Cnsas (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico), l’associazione di volontari, sezione del CAI, che si occupa dei soccorsi tecnici, sanitari e non, in ambiente montano, in grotta e negli ambienti impervi del territorio nazionale con 7.000 operatori specializzati, ha appena presentato il report delle attività svolte nel 2022 con il Servizio sanitario nazionale/sistema 118. E l’elenco è lungo. Nel 2022 il Soccorso alpino e speleologico è intervenuto per 10.367 missioni, con un incremento del 9,8% rispetto al 2021. Rispetto all’organico complessivo dell’ente, sono state impegnate in operazioni di soccorso oltre 185 mila ore/uomo suddivise in 31.262 giornate/uomo. Il dato più significativo è, dunque, quello dei 41.057 tecnici impegnati nelle varie missioni di soccorso, volontari che garantiscono un’attività operativa 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. E va ricordato anche l’impegno delle unità cinofile del Cnsas chiamate a operare 263 volte in eventi valanghivi e ricerca persone disperse.
Le cause. Tre i fattori principali che hanno causato gli interventi: la caduta/scivolata (45,9% degli interventi), l’incapacità durante l’attività svolta (26,3%) e il malore (13,7%). Seguono , distaccati, il maltempo (3,7%) e lo shock anafilattico (0,80%). Le attività maggiormente coinvolte e cause degli incidenti e relativi infortuni sono l’escursionismo (50,2% dei casi), la mountain bike (9%, con un trend in forte crescita di anno in anno negli ultimi 5 anni), lo sci alpino (7,8%), l’alpinismo classico (5,4%) e la ricerca di funghi (4,2%). Diversi gli interventi durante l’attività venatoria (1,1%). Nel 2022 hanno perso la vita in ambiente impervio 504 persone (+13,5% sul 2021), 4.297 sono state le persone recuperate ferite in modo leggero, 1298 i feriti gravi, 228 i feriti con compromesse funzioni vitali, 3.714 gli illesi (persone in difficoltà a causa delle condizioni morfologiche, dello stato dei terreni come la presenza di neve e/o ghiaccio al suolo, oppure per incapacità e/o inadeguatezza dell’attrezzatura, calzature o abbigliamento a seguito) e 84 i dispersi.
I soccorsi. L’articolo 593 del Codice penale, relativo al reato di omissione, recita: “Chiunque trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’autorità è punito con la reclusione fino a tre mesi. Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale la pena è aumentata; se ne deriva la morte la pena è raddoppiata” (flaitalia.it). Vero è che l’etica del soccorso di persone in difficoltà imporrebbe un intervento gratuito, ma a causa dell’elevato numero di richieste di soccorso, alcune Regioni hanno stabilito tariffe-ticket per coloro che ne fanno richiesta: Veneto, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Lombardia e Piemonte, sempre nel caso in cui non risulti necessario il ricovero in pronto soccorso. Facciamo il caso Veneto: un ferito grave paga 25 euro al minuto fino a un massimo di 500 euro; il ferito lieve paga 75 euro al minuto fino a un massimo di 7.500 euro, mentre la persona illesa paga il costo totale dell’intervento. Chi è socio CAI non paga (fino a un massimale di 25.000 euro, sempre che l’incidente non sia giudicato inappropriato o inopportuno). Se non si è soci CAI o non si ha un’assicurazione, e si richiede un intervento non strettamente necessario tenendo una condotta temeraria, si dovranno pagare somme elevate (da 90 a 140 euro al minuto).
La prevenzione. Le associazioni speleologiche e subacquee impongono la frequentazione di un corso introduttivo prima di svolgere le attività. “Oggi non esiste una normativa con regole specifiche per la sicurezza dello sciatore-alpinista, dell’alpinista, dell’escursionista e più precisamente per gli sport di avventura – sostiene in escursionismo.it Paolo De Luca, ex Cnsas, maestro di sci, accompagnatore di media montagna -. A mio avviso, innanzitutto si potrebbe modificare la Legge 363/2003 sulle norme di sicurezza e di prevenzione infortuni per lo sci di discesa e fondo estendendola anche allo sci alpinismo, all’escursionismo, all’alpinismo. Così come nell’attuale legge si stabiliscono precise regole sulle piste da sci, anche nel caso di escursioni e arrampicate in montagna è necessario fissare regole più stringenti. Una soluzione potrebbe essere una polizza assicurativa per le attività sportive: credo ci siano formule che coprono escursioni impegnative, discese fuori dalle piste battute e probabilmente anche vie ferrate (sicuramente non arrampicate di alto livello). Nella maggior parte dei Paesi europei è prevista un’assicurazione per questo genere di attività: con circa 20-30 euro l’anno si è coperti in caso di infortunio”.
Per lo più, gli incidenti vanno ricondotti a superficialità e scarsa preparazione, alla sopravvalutazione delle proprie capacità e da una scarsa valutazione del percorso e dei relativi rischi. E gli infortuni riguardano sia i frequentatori più preparati, sia i gitanti della domenica.
I consigli. Secondo De Luca, il preliminare a qualsiasi attività in montagna è la consultazione dei bollettini meteo, tenendo presente che in montagna le condizioni del tempo possono cambiare in pochi minuti. “Fondamentale è scegliere l’itinerario in base alla propria preparazione fisica e tecnica. Abbigliamento ed equipaggiamento devono essere adeguati alla difficoltà e alla durata dell’escursione. Nello zaino non deve mai mancare l’occorrente per le situazioni di emergenza: telo termico, lampada frontale, kit di primo soccorso, telefonino cellulare-Gps nel quale si può scaricare l’App “GeoResQ” (è un nuovo servizio di geolocalizzazione e d’inoltro delle richieste di soccorso che tiene traccia del percorso comunicandolo a chi volesse seguirci da casa e per inoltrare tempestivamente la richiesta di aiuto alla centrale operativa attiva 24 ore su 24)”.
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