Le urla si alzano improvvise e sovrastano il vociare festoso e vacanziero della spiaggia.
Quel lembo di sabbia libera della Toscana ci aveva accolti al mattino presto e i profumi della macchia mediterranea ci avevano accompagnati nell’incedere incerto sul sentiero d’ingresso fino alla meta desiderata.
Tutto secondo le aspettative.
Il viaggio, poco traffico (vista l’ora) e il posto splendido. Si scattano le prime foto immaginandosi di essere il Robinson Crusoe del luogo, ben presto smentiti dall’arrivo di altrettanti vacanzieri mattutini, si estraggono gli strumenti di lavoro della giornata, dalla crema protettiva al libro non troppo impegnato passando per l’immancabile enigmistica e tutto è a posto per godersi la meritata giornata.
Tutto è secondo le aspettative.
Lo sciabordio della risacca pian piano è sostituito dalle grida giocose dei bambini, dai richiami del bagnino, da quei soliti dialoghi che accompagnano le giornate di vacanza fra inquilini sconosciuti di quel condominio provvisorio che è la spiaggia, e ormai anche qui i cani la fanno da padroni e i padroni fanno una vita da cani.
Tutto normale, secondo le aspettative.
Ma non quei due urli, quei due urli non sono secondo le aspettative, non ci stanno in questo contesto, “disturbano” quel solipsismo casereccio di tante nostre giornate.
Per quel padre però non è così, forse è il suono presente e ripetuto nella giornata dal figlio adolescente. Lo abbraccia forte portandolo al limitare della battigia, le mani si stringono alle sue e pian piano, ma decisamente, i primi passi nell’acqua.
Di nuovo le due urla di resistenza, contestazione, timore… chi lo sa? Pochi volti si girano per guardare, molti si rifugiano in quella visione periferica fatta di “curiosità dei fatti miei” così diffusa e distaccata.
È autistico, commenta la vicina di abbronzatura, sono urla legate a quella condizione e lo dice con una tenerezza e dolcezza unica.
Dopo poco il padre ed il figlio ritornano, un piccolo asciugamano più da bagno che da spiaggia li attende mezzo insabbiato, si viaggia leggeri in certe situazioni, le mani devono essere libere da ombrelloni, sdrai, frigoriferi, devono poter accarezzare, trattenere, aiutare.
Dallo zainetto spunta una bottiglia di plastica di acqua, faticosamente gli risciacqua la faccia, raccoglie la maglietta, le ciabatte tutte insabbiate, un ultimo sguardo al mare come istante sospeso di infinito e poi leggermente distanziati avviarsi lungo il sentiero del ritorno.
Non basta più l’enigmistica. Immagini, ricordi, letture, volti dei figli vengono a galla come boe di segnalazione di qualcosa che si è affacciato nella solita giornata di mare, qualcosa di quel rapporto di affetto intravisto nell’assolato pomeriggio ha toccato.
Non secondo le aspettative, ma secondo le attese profonde del cuore.
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