L’estate sta iniziando, o quasi, il pass vaccinale comunitario si fa ancora desiderare, i competitori extra Ue si stanno attrezzando, e l’industria del turismo del Vecchio continente trema, con l’incubo di vedere assottigliarsi ancora di più quell’indispensabile percentuale di Pil che ai bei tempi garantiva all’economia totale. Un incubo talmente realistico da costringere l’Ursula ad abbandonare il sofà e a dare segni di inusitata creatività. Dunque, ecco il problema: come fare a rendere più accessibili i Paesi membri ai potenziali turisti stranieri?
Risposta: basta prendere il tasso di incidenza dei contagi stabilito per consentire la circolazione e rivederlo un attimo. Voilà: da 25 casi ogni 100 mila abitanti, adesso Ursula consiglia a tutti di quadruplicarlo, arrivando a 100 casi ogni centomila. Inutile chiedersi cosa sappia lei che noi no: sulla pandemia ne sappiamo tutti uguale, cioè poco. Perfino gli esperti dimostrano di avere le idee confuse, figurarsi i lampi che illuminano Bruxelles…
In ogni caso, oggi la Commissione europea proporrà agli ambasciatori dei 27 Paesi stellati un sostanziale allentamento delle attuali restrizioni sui viaggi “non essenziali” (a scopo turismo, insomma) nell’Ue, per “tenere conto dei progressi delle campagne di vaccinazione e degli sviluppi della situazione epidemiologica a livello mondiale”. L’Esecutivo comunitario propone di consentire l’ingresso nell’Ue per motivi non essenziali non solo a tutte le persone provenienti da Paesi con una buona situazione epidemiologica, ma anche a tutte le persone che hanno ricevuto l’ultima dose raccomandata di un vaccino autorizzato dall’Ue. E, come si diceva, di modificare la soglia dei casi usata per determinare una lista di Paesi dai quali possono essere autorizzati gli spostamenti. Alla fine, consapevole di correre un bel rischio, specie in presenza delle tante varianti sempre diverse che si vanno a diffondere nel mondo, Bruxelles suggerisce però di adottare un salvagente, chiamato “freno d’emergenza”, che dovrebbe “permettere agli Stati membri di agire rapidamente per limitare i viaggi da Paesi a rischio per il tempo necessario”.
Essendo una trovata della Commissione Ue, non c’è niente di obbligatorio: si tratta solo di una proposta, che i vari Stati dovranno discutere e, se giudicata favorevolmente, recepire e applicare. Se ne riparlerà, quindi, in giugno, lo stesso mese in cui si dovrebbe vedere la comparsa del green pass Ue, ma i condizionali sono sempre d’obbligo. Ma è facile prevedere tra gli Stati una pericolosa corsa al ribasso, e magari in autonomia, come stanno già facendo, ad esempio, Spagna e Grecia, in una gara a chi consente di più, nel noncelato tentativo di accaparrarsi le prenotazioni dall’estero indispensabili per un’estate soddisfacente. È chiaro per tutti che senza americani, inglesi, russi o cinesi difficilmente ci potrà essere una svolta, soprattutto per le nostre città d’arte. A oggi, invece, i turisti extra Ue ammessi sono solo quelli che provengono dalla Nuova Zelanda, dal Ruanda, dalla Corea del Sud, dall’Australia, e tutti possono testimoniare quanti ruandesi abbiano mai scorto a Cesenatico, o quanti australiani a Cortina…
Corse al ribasso, comunque, anche a casa nostra. Con buona pace dei Governatori che dicevano “Tutta la mia regione dovrà essere un’isola Covid-free”, e con il presumibile malditesta del commissario straordinario, ieri la Campania – ad esempio – ha annunciato la raggiunta vaccinazione totale degli abitanti di Procida, prima isola italiana Covid-free, e la Sicilia ha dichiarato di seguire la stessa strada per i suoi gioielli sparsi al largo. Il tutto mentre il generale Figliuolo continua a ripetere che bisogna procedere seguendo le fasce d’età, e altre Regioni proclamano la necessità di iniziare a vaccinare gli operatori dell’ospitalità. Tutti hanno le loro ragioni, ovviamente, ma sembra di assistere a una corsa al buffet dopo un taglio di nastro. Una corsa, per altro, comprensibile, visto che i vaccini certamente saranno disponibili in quantità sufficiente per tutti, ma arrivare prima stavolta può essere, davvero, questione di vita o di morte. Proprio per questo sarebbe meglio attenersi alle priorità stabilite in base alla salvaguardia del bene comune, comprendendo magari in quella lista anche gli addetti alla ricettività, se si vuole che il turismo in Italia torni a valere oltre il 13% del prodotto lordo, il bene comune.
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