Il turismo sta davvero cambiando o si sta semplicemente adattando alle nuove modalità del vivere? E i professionisti dell’industria turistica stanno rispondendo adeguatamente alle aspettative in questi anni tribolati? Di risposte ce ne sono tante, magari tutte fondate sull’analisi dei medesimi dati, ma ognuna approdata su conclusioni diverse. S’è tentata una sintesi al recente TTG di Rimini, con il convegno (organizzato da Isnart, società nata dal Sistema camerale per affiancare il comparto turistico italiano) sulla nuova domanda turistica e le nuove professionalità necessarie agli operatori, appunto “come cambiano i turismi e quali sono le sfide per le imprese ricettive per affrontare uno scenario che vede 4 aziende su 10 prevedere perdite in bilancio per il 2022, a causa principalmente del drammatico aumento dei costi di gestione”.
La difficoltà dell’analisi è riassunta in quel “i turismi”, a intendere che le declinazioni del turismo sono tante quante sono i turisti, ognuno con la sua specificità, le sue curiosità, i suoi desideri: praticamente impossibile stabilire unicità, al massimo denominatori comuni fondati soprattutto sulla qualità del viaggio e del soggiorno, e sull’appeal delle destinazioni.
Lo studio presentato al convegno, basato sui dati dell’Osservatorio sull’Economia del Turismo delle Camere di commercio, chiarisce che nell’estate 2022 le imprese ricettive italiane hanno venduto in media il 51,5% delle camere disponibili nel mese di giugno, il 72,6% a luglio e il 78,8% ad agosto, andamento sostenuto anche rispetto al 2019. Il 64,2% dei turisti era italiano e il 35,8% internazionale (componente in decisa ripresa rispetto all’estate 2021). Il turismo è quindi in netta ripresa: le decisioni di viaggio dei cittadini europei non sembrano tanto condizionate dalla guerra in Ucraina, quanto invece da inflazione e aumento dei costi. Dall’indagine emerge infatti un bilancio in chiaroscuro: vendite superiori agli anni passati (2019 compreso), ma crescita dei costi che mette in difficoltà un’impresa su due, e per l’autunno un’impresa su tre prevede di aumentare i prezzi.
Questi i dati, ma insomma: come cambia (se cambia) il turismo? Il Covid è stato di fatto un catalizzatore di tendenze probabilmente già in atto da tempo. Le indagini Isnart indicano cambiamenti motivazionali profondi, soprattutto per la ricerca di nuove conoscenze ed esperienze inedite, meglio se in un contesto naturale e con maggiore attenzione verso la sostenibilità ambientale e sociale. Tra le nuove tendenze della domanda: la riservatezza, ricerca di uno spazio riservato per se stessi o da condividere con poche persone; il benessere, l’attenzione verso l’aspetto emotivo e affettivo della vacanza; la libertà, esperienze fuori dagli schemi della normalità, osare verso nuove dimensioni del turismo; la dimensione “on life”, esperienze immersive e a fisicità aumentata. Le prime 10 motivazioni di visita dei turisti in Italia per la stagione estiva 2022 sono state: posto ideale per riposarsi (18,8%); il risparmio tramite ospitalità da parenti e amici (17%); la natura (16,8%); il desiderio di vedere un posto mai visto (16,1%); la ricchezza del patrimonio artistico/monumentale (15%); balneare: svago e relax (14,8%); il rapporto qualità-prezzo (14,1%); la facilità di raggiungimento (12,6%); la vicinanza della meta (11,8%); la conoscenza della struttura ricettiva (11,7%).
La ripresa della domanda nell’estate 2022 si è scontrata con uno shortage occupazionale: il 60,7% delle strutture alberghiere e il 14,1% di quelle extra alberghiere hanno incontrato grandi difficoltà a reperire personale stagionale. Il turismo rappresentava un quarto di tutti i nuovi posti di lavoro prima del Covid. Nel periodo più acuto della pandemia, i lavoratori del travel si sono spostati in altri settori dell’economia (3 milioni di posti di lavoro in meno in Europa). “Il calo dell’occupazione ha colpito soprattutto i giovani e le donne. Il mismatch (difficoltà di reperimento) tra domanda ed offerta di lavoro è ormai un fenomeno strutturale. Il Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal stima per il 2022 circa 2 milioni di assunzioni difficili, di cui 400mila per figure professionali nel settore del turismo, principalmente a causa della mancanza di candidati (shortage gap) nel 25% dei casi (+9% sul 2019), mentre nel 10% dei casi emerge un disallineamento rispetto alle competenze richieste (skill gap)”. A questo si aggiunge la necessità di sostenere la riconversione e l’aggiornamento delle competenze per far crescere la massa critica delle opportunità per risorse umane qualificate e per rispondere al fabbisogno delle aziende anche anticipando la domanda di nuovi profili. Tra le nuove figure professionali più richieste: energy manager, social media manager, data analyst, digital marketing manager ed esperti di digital management per prodotti e destinazioni turistiche.
Quindi la sfida oggi sembra soprattutto quella delle competenze. L’Osservatorio Isnart informa che per il 51,9% delle persone Internet rappresenta il principale strumento che influenza la scelta di soggiorno, sopravanzando la conoscenza dei luoghi già visitati (37%) e il passaparola (33%). “Sulla rete si costruisce e si condivide il legame soggettivo ed emotivo con i luoghi, si progettano e co-progettano le esperienze, si confrontano offerte e soluzioni. Serve quindi una nuova formazione che tenga il passo con la crescita del settore, laddove oggi le risorse sono concentrate sugli investimenti in infrastrutture e i programmi di formazione sono obsoleti”. E allora la competizione tra le imprese e tra le destinazioni turistiche si giocherà sempre più sulle skill digitali e sulla capacità di applicare e gestire una data governance anche in termini predittivi.
Venendo quindi ad azzardare una risposta alla domanda implicita del convegno (il turismo sta cambiando?), si potrebbe concludere che sono i turisti ad avere già cambiato fisionomia, che l’allargamento della loro platea sta portando alla stratificazione dei sentiment (c’è il turista che cerca solo una vacanza, cioè un luogo altro dall’abituale, ma c’è anche il turista che non s’accontenta più, che viaggiando spesso confronta, paragona, sceglie, e c’è il turista che dal viaggio vuole tornare con una valigia di emozioni e ricordi, e c’è chi…), e che oggi a portata di clic chiunque cerca e trova qualsiasi risposta. Ma non sempre l’industria del turismo sa adeguarsi, nell’abbrivio dato dai segnali di tenuta del comparto, nell’inerzia delle obsolete rendite di posizione, nell’impermeabilità all’innovazione di molti operatori.
Quindi è vero: servono nuove professionalità, ma è evidente che ancor prima serve una nuova cultura d’impresa, che spinga i titolari a fidarsi e affidarsi a quei nuovi manager.
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