Situazione più che incoraggiante, addirittura entusiasmante, stando ai dati della vaccinazione in corso. L’Italia a breve sarà tutta zona bianca, per il generale Figliuolo in autunno sarà stato vaccinato con almeno una dose l’80% della popolazione, che significa immunità di gregge. Tutto bene dunque?
Non esattamente, come ci ha spiegato il professor Sergio Babudieri, Ordinario di Malattie infettive all’Università degli Studi di Sassari e Direttore scientifico della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria: “Certamente il dato attuale è migliore di quanto ci si aspettasse, si stanno ottenendo risultati strabilianti. La comunicazione mediatica e tante persone percepiscono che tutto sia finito. Non è così: la prima dose di vaccino non garantisce che una persona non si infetti. Non si ammalerà in modo grave, ma sarà contagiosa e il virus continuerà a circolare con il rischio di varianti, come sta succedendo nel Regno Unito”.
Con i risultati della campagna di vaccinazione i dati dell’epidemia sono migliori delle aspettative?
Darei una doppia lettura. La prima è che sicuramente il dato è migliore di quanto ci si aspettava, perché stiamo osservando una riduzione progressiva dei numeri, nonostante non sia stata ancora raggiunta l’immunità di gregge, cioè oltre i due terzi della popolazione con la doppia vaccinazione. Ricordiamoci sempre che una epidemia di queste dimensioni con numeri così grandi in epoca moderna non si era mai avuta e che stiamo vivendo qualcosa che nei libri di storia non c’era. Anche una vaccinazione di massa di queste dimensioni non è un fatto usuale e questi risultati saranno sicuramente oggetto di studio e ci stanno insegnando molto anche per il futuro. La seconda lettura è che all’andamento favorevole dei ricoveri ospedalieri e, quindi dei pazienti in rianimazione e deceduti, non corrisponde la fine della circolazione del virus, cioè tutte le persone suscettibili, quelle che non hanno passato fino ad oggi la malattia e che non si sono vaccinate, hanno la possibilità di contrarre il coronavirus e anche di ammalarsi in modo grave. Pochi giorni fa, ad esempio, abbiamo ricoverato nella nostra clinica un paziente di soli 45 anni con insufficienza respiratoria, in ottime condizioni prima dell’infezione.
Non tutti però l’hanno ancora percepita questa cosa, non crede?
Le conoscenze scientifiche sono in continua evoluzione e sorrido quando vengono criticati gli esperti più esposti mediaticamente, accusati di contraddirsi. Infatti è fisiologico che sia così, molto di quello che sembrava vero dodici mesi fa oggi è cambiato. Oggi, ad esempio, i pazienti li curiamo sicuramente meglio di quindici mesi fa. Quando ci esponiamo a livello mediatico, dobbiamo essere molto responsabili e dare messaggi i più chiari e comprensibili possibile.
Quale altro aspetto positivo vale la pena sottolineare dell’attuale situazione?
Senza aver raggiunto l’immunità di gregge si sono ottenuti risultati strabilianti, perché con la prima dose si è evitata la malattia grave e non si sono più intasati gli ospedali. La prima dose di vaccino non garantisce che una persona non si infetti, ma non si ammala gravemente. Questo è il fatto inaspettato.
Quale invece l’aspetto negativo, se ce ne è uno?
Attraverso la stampa generalista non è facile far arrivare nelle case la realtà della situazione in cui viviamo e, di conseguenza, la gente percepisce messaggi sbagliati, che vengono poi spesso e purtroppo amplificati attraverso i social.
Quali?
Pensare che siccome ci sono meno morti e ricoveri e perché si sta riaprendo tutto, allora significa che la pandemia è finita.
Ma non è così, è questo che intende?
Certo. Ci sono ancora milioni di persone suscettibili che possono infettarsi, perché non si sono vaccinate e, quindi, il virus continua a circolare. Può circolare anche in chi ha fatto una sola dose di vaccino, sono persone che non si ammalano, ma possono infettare. Non si può e non si deve ignorare questi due aspetti. Questi casi sporadici possono anche svilupparsi con la malattia grave. Non è più come un anno fa che il contagio capitava non si sa come, adesso chi si infetta è responsabile, perché non si è vaccinato e non ha rispettato le regole di sicurezza, ancora valide.
Quindi esiste un sommerso importante di persone per così dire da “stanare”? In Inghilterra con circa 6mila casi ci sono 2-3 decessi al giorno, in Italia poco più di 2mila casi ma quasi 20 volte più morti.
Sono un clinico, non mi occupo di certi aspetti, però penso che l’Inghilterra sia più avanti di noi di almeno due mesi e avendo un tasso di vaccinazione così alto può influire su questi dati indubbiamente reali. E’ auspicabile che fra un paio di mesi potremo essere anche noi nella stessa situazione.
Sempre in Inghilterra però esplodono nuove varianti, adesso è presente la Delta, variante indiana, con un livello di contagiosità molto alto tanto che si vuole rivedere il piano di aperture.
Sono i contagi di chi è suscettibile, c’è qualcuno vaccinato che può essersi preso il virus, ma non si è ammalato. Questa variante non è resistente al vaccino o più letale, è solo più contagiosa.
Come è la situazione delle varianti in Italia?
Al momento in Italia le varianti preoccupanti non sembrano particolarmente diffuse, ma ci sono persone che ancora non si vaccinano. Inevitabilmente, fin quando la campagna vaccinale non sarà completata e con entrambe le dosi, la possibilità che arrivino anche da noi queste varianti rimarrà reale. Chi non si vaccina, come già dicevamo, è responsabile sia della propria malattia che della diffusione agli altri.
(Paolo Vites)
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