Il tema della vaccinazione dei minori, anche obbligatoria secondo alcuni esponenti del governo, in vista della riapertura scolastica del prossimo settembre continua a tener banco, tra posizioni diverse e critiche anche pesanti. La posizione di tanti genitori, educatori e personale sanitario è quella che non esisterebbero ancora valutazioni sanitarie in grado di dire se i minori possano subire danni, anche perché in quella fascia di età i rischi di ammalarsi gravemente sono quasi inesistenti. Non solo: c’è anche chi pone problemi etici, sostenendo che non è giusto usare i minori per raggiungere l’immunità di gregge che metterebbe in salvo gli adulti.
Davanti a queste dichiarazioni Andrea Biondi, professore ordinario presso la Clinica pediatrica dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, e membro della Fondazione Mbbm dell’Ospedale San Gerardo di Monza, ci ha detto che “pur nell’oggettiva consapevolezza che i dati scientifici sono ancora scarsi sugli effetti rischi-benefici, come pediatra e concordando con le massime organizzazioni mediche come il Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti, consiglio fortemente a tutti coloro che hanno figli nella fascia 12-16 anni di vaccinarli. Si tratta di creare una cintura di sicurezza anche alla luce delle continue formazioni di varianti. Non solo. Dal punto di vista etico non si può avere la comunità come obbiettivo primario perché scivoleremmo in condizioni inaccettabili, è sempre il beneficio dell’individuo da avere al primo posto. In questo caso lo si associa a un beneficio della comunità, indipendentemente dal raggiugnere l’immunità di gregge”.
È in atto una vivace discussione sui benefici o meno della vaccinazione dei minori. Considerando che per gli adulti la bilancia rischi-benefici è decisamente a favore dei secondi, per quanto riguarda l’età pediatrica come cambia, se cambia, questo bilanciamento?
Bisogna fare una premessa doverosa. Personalmente non sono né un epidemiologo né un esperto di salute pubblica, posso esprimere un parere sulla base delle conoscenze che derivano da quello che leggo dalla letteratura scientifica.
Prego.
Parto da una considerazione: è bene dire che non c’è oggi il problema di sottrarre il vaccino ad altre fasce di rischio aprendolo alla fascia 12-17 anni. Oggi questo problema non c’è, e chi lo pone, lo pone in modo incorretto definendolo “accesso ai vaccini”. Non esiste contrapposizione.
Il vaccino c’è per tutti, giusto?
Sì. Bisogna anche dire che le autorità regolatorie che valutano l’appropriatezza di autorizzare un farmaco, in questo caso un vaccino a un’età tra i 12 e i 17 anni, lo fanno con un rigoroso esame dei dati disponibili che ovviamente descrivono, come tutti gli studi che hanno portato alla progressiva approvazione dei vaccini contro il Covid, certamente una situazione limitata nei numeri. Se prendiamo il vaccino Pfizer di cui sono state somministrate 140 milioni di dosi, si può controbattere dicendo che lo studio che ha portato alla registrazione di Pfizer, Moderna e AstraZeneca è stato fatto su qualche decina di migliaia di persone, ma in questo modo diamo già al tema una sproporzione di cui dobbiamo essere consapevoli.
Perché allora le agenzie regolatorie arrivano a dire che nonostante questi limiti è un beneficio vaccinare e soprattutto dicono che lo è anche per la fascia pediatrica?
Semplicemente perché il rischio ancorché limitato della malattia in alcune forme nell’età pediatrica può interessare anche questa fascia. È una malattia che ha una sua mortalità anche se fortunatamente limitata, posso dirlo per esperienza personale avendo avuto nel periodo della seconda e terza ondata 90 casi di bambini Covid che abbiamo dovuto gestire. Di questi, bambini e adolescenti, 5 sono stati casi di malattia infiammatoria sistemica e hanno avuto bisogno di supporto rianimatorio. Sono perfettamente guariti, ma non è una malattia banale.
Certamente, ma resta il problema degli scarsi dati sul rapporto rischio-beneficio, come ha detto lei. Quindi?
Anche se limitato nel rischio e consapevoli che il virus tanto meno circola tanto meno saranno a rischio tutte le fasce di età, e la fascia pediatrica certamente è quella meno a rischio rispetto alle altre, farlo significa creare una cintura di sicurezza che diamo a questa fascia di età anche in relazione purtroppo all’emergere di varianti. È un problema che ci fa dire che non siamo fuori dal tunnel.
Quindi prevenzione e fiducia nel sistema sanitario?
Mi fido della Società italiana di pediatria, delle autorità regolatorie, degli istituti sanitari internazionali che continuano a indicare che il rischio-beneficio è favorevole. Consiglio a tutti di fare la vaccinazione ai minori.
L’istituto sanitario tedesco però si è detto sfavorevole. Che ne pensa?
Dalla Germania abbiamo tante cose da imparare, ma mi permetta, come pediatra, docente e studioso di dire che in campo vaccinale i tedeschi non hanno nulla da insegnare.
C’è chi solleva anche una problematica etica, dicendo che non è giusto usare i minori per raggiungere, dal punto di vista matematico, l’immunità di gregge.
Quando leggo su alcuni blog che sarebbe il primo esempio nella storia dell’umanità in cui mettiamo a rischio le generazioni future, dico: calmatevi. Oggi disponiamo di vaccini con tecnologie e con qualità di prodotti che sono assolutamente superiori a quelli con cui abbiamo debellato tante malattie. Pur con la consapevolezza della coscienza della parzialità dei dati dovuti alla storia breve di questa pandemia, ripeto che vaccinare i minori è necessario. Rappresenta una cintura di sicurezza per l’instabilità. Da un punto di vista etico non si può avere la comunità come obbiettivo primario perché scivoleremmo in condizioni inaccettabili, è sempre il beneficio dell’individuo da mettere in primo piano: In questo caso lo si associa a un beneficio della comunità, indipendentemente dal raggiugnere l’immunità di gregge.
(Paolo Vites)
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