La campagna vaccinale contro il Covid? “Più che giovani e adolescenti, bisogna tornare a vaccinare gli over 40 indecisi, perché sono i soggetti che ancora oggi rischiano i più alti tassi di letalità, cioè la possibilità di contrarre l’infezione in forma severa”. L’immunità di gregge? “Abbandonerei l’idea di arrivarci: troppe varianti in giro”. È possibile rendere i vaccini più performanti per contrastarle? “Sì, ma non è l’approccio migliore, perché richiede troppo tempo”. Terza dose? “Non a tutti, sarebbe poco prudente, solo ai più fragili”.
Francesco Broccolo, docente di Microbiologia clinica all’Università Milano-Bicocca, suggerisce queste mosse per affrontare un autunno che vedrà sicuramente un aumento della circolazione del virus, con più infezioni e ospedalizzazioni, ma con “un numero di decessi nettamente inferiore a un anno fa”, anche perché stanno arrivando “nuove terapie molto efficaci”.
Come procedono le vaccinazioni? È una campagna vaccinale abbastanza omogenea per aree geografiche e per classi di età?
Nelle ultime settimane sta procedendo più rapidamente presso i giovani per la necessità che hanno di avere un green pass legato alla loro vita sociale o all’attività sportiva, e ciò ha fatto da nudge, da spinta gentile alla vaccinazione. Altre fasce d’età, invece, si sono un po’ fermate per via degli indecisi più che per i no vax, che non sono numericamente rilevanti. Gli indecisi trovano la soluzione nel green pass con il tampone antigenico che adesso vale per 48 ore.
È una soluzione valida?
Il green pass ottenuto con il tampone rapido non è nella sua forma distinguibile da quello ottenuto con la vaccinazione o il tampone molecolare, ma questo cambia moltissimo dal punto di vista della salute pubblica.
Perché?
Il green pass con tampone antigenico ha scarsa sensibilità, visto che in Italia scova solo lo 0,2% di positivi rispetto all’8% del molecolare. Il che significa che non dà alcuna certezza che quell’individuo sia realmente negativo.
Come convincere gli indecisi, i 3,4 milioni di italiani over 50, il 12% della popolazione, che non hanno ancora ricevuto la prima dose di vaccino?
Convincere è una parola che non mi piace. Direi piuttosto che gli indecisi nella popolazione over 40 devono riflettere molto.
Su cosa?
Su un quadro epidemiologico di variante Delta o di altre nuove varianti che possono insorgere che sono letali nello 0,2% dei casi nella fascia 40-49 anni fino ad arrivare al 9% negli anziani. E sono i tassi di letalità, cioè chi si infetta può avere una malattia grave che può portare anche al decesso, di oggi, non riferiti alla prima ondata. La letalità rimane significativa negli over 40, scende drasticamente sotto i 40, fino a scendere allo 0,01%. Ecco perché il rapporto costo/beneficio nei bambini deve essere attentamente valutato.
L’obbligo vaccinale o l’estensione del green pass possono funzionare da incentivo a vaccinarsi per gli indecisi?
Senza dubbio entrambi, ma credo più l’obbligo vaccinale che l’estensione del green pass, per le ragioni che dicevo sopra.
Quando raggiungeremo l’immunità di gregge?
Non succederà, perché abbiamo già al 95% la variante Delta, ma potrebbe arrivare da un momento all’altro anche la variante Mu, di cui registriamo i primissimi casi, e che sembra sfuggire meglio agli anticorpi. Come facciamo ad avere l’immunità di gregge con un virus diverso, che cambia? L’immunità di gregge si ottiene con gli anticorpi dello stesso identico virus. Oggi abbiamo una pletora di varianti. Quindi non serve – lo ripeto – vaccinare tutti i bambini, meglio piuttosto vaccinare tutti gli adulti che sono a rischio di finire in terapia intensiva perché contraggono la malattia in forma severa.
Non arrivando all’immunità di gregge, c’è allora una soglia tollerabile di non vaccinati?
L’immunità di gregge era stata inizialmente fissata al 70%, poi è salita per la presenza delle prime varianti all’80%. Le varianti non fanno altro che alzare l’asticella.
Quindi?
Oggi la soglia da superare deve necessariamente essere superiore. Io direi che va raggiunto almeno il 90%.
Si dice che i vaccini sono “perforabili” dalle varianti. È così?
Che le varianti possano “bucare” i vaccini è senz’altro vero dal punto di visto virologico, un po’ meno – visto quel che succede in Israele, dove comunque un quarto degli ospedalizzati ha già ricevuto la seconda dose – da quello clinico. In pratica, il virus infetta, almeno per una certa percentuale, anche i vaccinati, ma non provoca nella gran parte dei casi malattie gravi.
E’ possibile aggiornare i vaccini per renderli più performanti?
Le case farmaceutiche lo stanno già facendo, ma questo approccio è poco fruttuoso, perché non facciamo altro che rincorrere il virus che muta. Prima di poterlo produrre passano non meno di 8-12 mesi. L’aggiornamento della piattaforma può essere completato in una settimana, poi però servono sei mesi per metterlo in produzione e altri sei per i trial clinici. Non a caso a dicembre uscirà il vaccino, su cui Pfizer ha iniziato a lavorare a gennaio, contro la variante inglese, che già oggi è praticamente scomparsa soppiantata proprio dalla Delta. Meglio non contare sugli aggiornamenti.
Che cosa si può fare allora per contrastare le varianti?
Puntare su nuovi approcci di vaccinazione, ad esempio grazie ai vaccini classici, tradizionali, centrati sui virus inattivati, tipo quelli contro la polio. Hanno magari un’efficacia inferiore rispetto a quelli a mRna, ma una copertura più specifica. In altre parole, starei attento a insistere con la stessa tipologia di siero, perché potrebbero selezionarsi delle nuove varianti.
La terza dose potrebbe servire?
No. Non abbiamo sufficienti dati sulla sicurezza nel caso venga somministrata come booster a tutta la popolazione, facendo alzare livelli anticorpali anche a quei soggetti che già ne hanno di elevati. È una scelta poco prudente. La terza dose, come detto e deciso dal ministero della Salute, sui più fragili, su coloro che non rispondono alla prima né alla seconda dose.
Che cosa farà il virus questo autunno? Avremo ancora una nuova ondata?
Non parlerei di ondata, perché quelle arrivavano prima che iniziassimo a vaccinare. Nella migliore delle ipotesi mi immagino che ci sarà, a causa della ripresa delle attività e della vita sociale, un aumento della circolazione del virus.
E nella peggiore?
L’arrivo di nuove varianti in grado di sfuggire agli anticorpi indotti dal vaccino. La Mu, per esempio, è 12 volte più resistente al vaccino del virus originario e 7 volte di più rispetto agli anticorpi prodotti dall’organismo. Mi aspetto quindi un autunno con un numero di decessi nettamente inferiore a un anno fa, ma con più infezioni e ospedalizzati, anche se – per fortuna – avremo a disposizione nuove terapie molto efficaci, come gli anticorpi monoclonali e farmaci in grado di bloccare la risposta infiammatoria indotta dal danno polmonare provocato dal Covid.
(Marco Biscella)
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