L’Aifa ha dato il via libera alla vaccinazione dei bambini fra i 5 e gli 11 anni. La campagna, come ha ricordato il generale Figliuolo, partirà il 16 dicembre. Il vaccino somministrato è Comirnaty della Pfizer, con puntura intramuscolare sulla spalla in due dosi. Cambia però il dosaggio: un terzo della quantità che viene iniettata agli adulti, ma con due dosi a distanza di tre settimane, utilizzando fiale assemblate per esclusivo uso pediatrico. Secondo l’Aifa, nelle ultime settimane c’è stato “un incremento dei contagi” in quella fascia d’età e, anche se l’infezione è più benigna con i bambini, può comunque avere “conseguenze gravi”, mentre vaccinando i bambini si protegge meglio anche tutto il resto della popolazione. Ma non tutti gli esperti e gli scienziati concordano su questa necessità. “I bambini, per il momento, sono un falso problema – commenta, per esempio, Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di Microbiologia dell’Università di Padova -. Non capisco tutta questa fretta di vaccinarli, anche perché i sieri non sono ancora disponibili e non abbiamo dati scientifici sufficientemente attendibili e consolidati”. Per Crisanti, invece, “la vera priorità oggi è somministrare la terza dose agli adulti, soprattutto a quelli che sono stati immunizzati più di 6 mesi fa, perché più passa il tempo e più quest’ultima categoria avrà un impatto importante sulla diffusione del virus”.



Che cosa non la convince nella decisione dell’Aifa?

Sicuramente i bambini, a un certo punto, dovranno essere inclusi in questo progetto di vaccinazione. Intanto i vaccini non sono oggi ancora disponibili, e poi nel giro di due-tre settimane dovremmo avere i risultati su un milione e mezzo di casi di under 12, fra Stati Uniti e Israele. Non capisco quindi tutta questa fretta. Mi sembra solo un effetto annuncio, è come se si volesse dimostrare che si sta facendo qualcosa anche su quel fronte.



Ci sono scienziati che invocano prudenza perché non ci sono dati ed evidenze scientifiche adeguate sul rapporto rischi/benefici. In termini di farmacovigilanza degli under 12, che cosa sappiamo oggi su efficacia, sicurezza ed eventi avversi?

Per forza che non ci sono. E non vale neppure l’argomento che sono state somministrate 6 milioni di dosi.

Perché non vale?

Perché un bambino non è un piccolo adulto, un bambino è un essere umano completamente diverso, che ha una sua fisiologia, un modo di rispondere alle infezioni completamente differente, ha tutti gli organi in formazione e in accrescimento. I dati sugli adulti non possono essere trasposti sui bambini, ci vuole uno studio a parte. E per ora ne abbiamo solo uno su appena 2mila casi. Come si fa a desumere un rapporto rischio/beneficio su un campione così limitato e su un tempo così ridotto, quando poi dobbiamo vaccinare una platea di 3-4 milioni di bambini?



Le modalità di somministrazione – dose ridotta, un terzo del dosaggio per gli adulti, e seconda dose a tre settimane dalla prima – possono aiutare a fugare qualche dubbio?

I dubbi li possono fugare soltanto i numeri e i numeri ce li avremo fra due-tre settimane, quando dagli Stati Uniti arriveranno le evidenze su eventuali problematiche avverse.

Secondo l’Istituto superiore di sanità, tra i 5 e gli 11 anni si sta registrando un aumento dell’incidenza di casi più elevato rispetto a tutte le altre classi di età, sono in crescita anche i ricoveri in ospedale e in terapia intensiva, mentre per il presidente dell’Aifa il Covid “è diventata una malattia pediatrica, tra le prime cause di morte a questa età”? In Italia siamo davvero in presenza di un’emergenza pediatrica?

In Italia fra i bambini si sono registrati solo 9 decessi… Non so come commentare e non voglio comunque entrare in polemica con nessuno.

I sostenitori della vaccinazione dei bambini dicono che, in caso contrario, potrebbero anche incorrere nella sindrome da Long Covid. E’ così?

Il Long Covid nei bambini è una eventualità rarissima.

Secondo i pediatri, il Covid potrebbe causare nei bambini la sindrome infiammatoria multisistemica, a seguito dell’infezione.

I bambini sviluppano una malattia molto limitata e leggera.

E’ opportuno sottoporre i bambini ad analisi cliniche prima di vaccinarli?

Ma che analisi dovrebbero fare? Non penso sia necessario. Ritengo che questo dei bambini da vaccinare sia un non problema. Il problema semmai è che la numerosità del campione oggi disponibile è troppo limitato per prendere una decisione meditata e definitiva. E non si tratta neanche di quel che decidono Ema o Aifa. Il problema è convincere le mamme italiane.

A tal proposito, un sondaggio ha rivelato che un terzo degli italiani è contrario al vaccino ai bambini.

E l’unica possibilità di riuscire a convincerli è dimostrare scientificamente che su milioni di somministrazioni non si verificano reazioni avverse gravi. E’ tutto lì.

Visto che per gli under 12 esiste – come ha sottolineato l’Istituto Spallanzani – la ““protezione della popolazione”, attribuibile all’impatto della vaccinazione nella popolazione adulta, non sarebbe meglio immunizzare prima tutti gli adulti e accelerare con le terze dosi?

Si tratta di accelerare con le terze dosi più che con le prime, perché la diffusione del virus dipende soprattutto dal rapporto tra persone suscettibili e persone protette. Queste ultime comprendono i non vaccinati e tutti quelli che hanno ricevuto il siero più di 6 mesi fa. Più passa il tempo e più quest’ultima categoria avrà un impatto importante sulla diffusione del virus.

(Marco Biscella)

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