E’ la Lombardia la prima regione in Italia ad aver firmato un “Protocollo per la partecipazione delle aziende produttive lombarde alla campagna vaccinale anti-Covid” con l’obiettivo di avere un canale in più per completare la vaccinazione massiva il prima possibile, “entro giugno di quest’anno”. L’accordo è stato raggiunto tra Regione, Confindustria Lombardia e Confapi e “le imprese che aderiranno al Protocollo – ha spiegato il presidente di regione Lombardia, Attilio Fontanma – potranno vaccinare direttamente i propri dipendenti in azienda”. “Questo accordo – ha sottolineato l’assessore al Welfare, Letizia Moratti – sgrava il servizio sanitario regionale pubblico e privato perché le aziende opereranno con proprio personale medico: un allargamento che ci consente di aver minor tensione sugli ospedali e mettiamo in sicurezza i lavoratori delle nostre imprese”.
Regione Lombardia con questa delibera non intende minimamente cambiare il Piano vaccinale nazionale, piuttosto vuole far gioco di squadra tra pubblico e privato, con l’auspicio che altri possano seguire l’esempio, perché dalla risuscita della campagna vaccinale dipenderà il rilancio economico. Al momento, come ha specificato Marco Bonometti, presidente degli industriali lombardi, “possiamo vaccinare dai 300mila ai 400mila lavoratori”. Cosa prevede il protocollo? Qual è il suo obiettivo? Ne abbiamo parlato con Pietro Antonio Patanè, presidente di Anma, l’associazione che ha curato la parte scientifica del Disciplinare e che raccoglie circa mille medici del lavoro.
Qual è l’obiettivo di questa iniziativa?
L’iniziativa è l’epilogo di un dibattito, iniziato un mese fa, dopo le dichiarazioni del presidente di Confindustria, Bonomi, sulla volontà di mettere a disposizione le aziende per le vaccinazioni. Essendo chiamato in causa il medico competente, ci siamo interrogati su quale potesse essere il suo ruolo. E una ventina di giorni fa avevamo scritto a tutte le Regioni invitandole a non stipulare accordi senza aver sentito il medico competente.
La Regione Lombardia ha risposto…
La scorsa settimana ci ha chiamato ufficialmente per partecipare a un incontro, ma è da una ventina di giorni che stiamo lavorando con l’idea di capire se viene effettivamente chiesto questo contributo. Abbiamo voluto delineare le condizioni in base alle quali è possibile fare queste vaccinazioni in totale garanzia. Da qui è nato il Disciplinare.
Cosa prevede questo protocollo? Qual è la sua valenza?
Pone tre punti fondamentali a premessa. Uno: che questa iniziativa sia dentro una cornice di sanità pubblica, quindi che la responsabilità rimanga in capo all’autorità sanitaria. Due: che la volontarietà del medico competente, intendendo con questo sia la salvaguardia della sua libertà professionale, sia la possibilità di aderire o meno dopo averne valutata la fattibilità. Tre: che siano garantite tutte le condizioni che sono previste negli hub di vaccinazione pubblica, perché estendere la vaccinazione nei luoghi di lavoro non vuol dire fare le cose con superficialità, in termini di sicurezza dei lavoratori e di garanzie per il datore di lavoro e per il medico competente sotto il profilo della responsabilità.
A chi spetta valutare la fattibilità delle vaccinazioni in un’azienda?
Tocca al medico competente, assieme all’azienda, valutare se ci sono gli spazi e le forze amministrative sufficienti per fare le vaccinazioni.
E’ un’iniziativa mirata esclusivamente per le aziende o può essere allargata ad altre categorie produttive?
L’iniziativa nasce come progetto pilota, all’inizio dovrebbe riguardare poche aziende e di una certa dimensione proprio per verificarne la fattibilità concreta e correggerne eventualmente la procedura.
Quando partirà l’iniziativa?
E’ ipotizzabile che partirà quando ci saranno i vaccini e la disponibilità delle aziende.
E’ un buon esempio di collaborazione tra pubblico e privato?
Direi piuttosto che è un ampliamento delle funzioni che la sanità pubblica chiede al privato.
Che ruolo possono giocare i medici del lavoro nella partita dei vaccini?
Il ruolo del medico competente non è solo nella somministrazione delle dosi, ma c’è una preziosa partecipazione nella preparazione e nel reclutamento dei lavoratori alla fase vaccinale vera e propria, a partire dalla valutazione dell’idoneità all’immunizzazione del singolo soggetto.
In base alla sua esperienza, com’è la situazione dei contagi nelle aziende?
Le aziende, dal momento della riapertura, hanno compiuto un notevole sforzo per adottare tutte le norme preventive di contenimento dei contagi. E la maggior parte le ha scrupolosamente applicate. Questo ha richiesto un sacrificio non solo economico per le aziende, ma anche fisico per i lavoratori, che hanno dovuto portare per ore i diversi dispositivi di protezione richiesti. Abbiamo così verificato sul campo la loro efficacia. Dove tutte le misure sono state rispettate, il pericolo di infettarsi si è ridotto ai minimi termini.
(Marco Biscella)