Cosa sappiamo dei vaccini cinesi? Non molto, considerando che i dati completi sui risultati clinici di Fase III non sono stati ancora forniti e non sono stati neppure sottoposti a revisione ad una rivista scientifica. Ma sono utilizzati da oltre 60 Paesi. La loro efficacia è stata, dunque, testata sul “campo” in Cina e nei Paesi a cui sono stati venduti (come Serbia, Polonia e Ungheria). Sono molto richiesti soprattutto in quelli a basso reddito. Ma rcentemente è stata lanciata una notizia allarmante, che poi è stata ritrattata. Il capo del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) ha ammesso che l’efficacia “non è elevata”, quindi sarebbero necessari “miglioramenti”. Dunque, si starebbe valutando la modifica della quantità di vaccino da somministrare, il numero delle dosi da inoculare e l’intervallo di tempo tra le dosi, oltre che la tipologia di vaccini somministrati. Si tratta comunque di cinque vaccini che hanno una tecnologia diversa da quelli a Rna messaggero (come Pfizer e Moderna) e quelli a base di vettori virali non replicanti (come AstraZeneca, Janssen e Sputnik), fatta eccezione per due.



I DUE DI SINOPHARM

L’azienda statale Sinopharm ne ha prodotti due che sono basati su virus inattivati. Uno dei due è stato creato dall’Istituto di prodotti biologici di Wuhan. Questi due vaccini sono a base di virus che vengono uccisi e mescolati a idrossido di alluminio prima di essere iniettati nei pazienti. Entrambi necessitano di due dosi a 21 giorni di distanza l’una dall’altra, ma non servono frigoriferi speciali per la conservazione. Stando a quanto affermato a dicembre dall’azienda, che però non ha fornito alcun dato, il primo vaccino aveva un’efficacia del 79%, dopo la sperimentazione negli Emirati Arabi Uniti è stata riconosciuta un’efficacia dell’86%, ma il mese scorso il distributore dei vaccini Sinopharm negli Emirati Arabi Uniti ha parlato di una terza dose in aggiunta alle due per un numero di persone “molto piccolo” che “non erano risultate realmente reattive”. Ma il colosso farmaceutico cinese sta valutando la possibilità di includere la terza dose di richiamo nella procedura standard. Il secondo vaccino, quello prodotto dall’istituto di Wuhan, invece ha un’efficacia del 72,5%.



SINOVAC, CANSINO E ANHI ZHIFEI LONGCOM

La società cinese privata Sinovac Biotech, invece, in collaborazione con l’Istituto Butantan di San Paolo del Brasile ha sviluppato un vaccino a virus inattivato che si chiama CoronaVac, che ha le caratteristiche dei precedenti per dosi (due) e conservazione. Il tasso di efficacia dichiarato in Brasile era di poco superiore al 50 per cento, poi salita al 50,7%, che diventa dell’83,7% contro i casi che richiedono assistenza e del 100% contro i casi moderati e gravi. Ma secondo lo studio condotto dall’Universidad de Chile la protezione è ferma al 54%, mediamente al 56,5% a due settimane dalla somministrazione e di appena il 3% dopo la prima dose. In Cile, infatti, il contagio si è diffuso a ritmi record nonostante una campagna di vaccinazione di massa molto rapida. Per questo si è puntato il dito contro il vaccino cinese CoronaVac. In Indonesia, invece, è stata riconosciuta un’efficacia del 65%, in Turchia dell’80%. C’è poi CanSino Biologics che ha sviluppato un vaccino a base di adenovirus con l’Istituto di biologia dell’Accademia delle scienze mediche militari. Il vaccino è a vettore virale non replicante (come AstraZeneca, Janssen e Sputnik), ma è necessaria una sola dose. Ora è in fase di sperimentazione in Argentina, Cile, Messico, Russia e Pakistan, dove in quest’ultimo caso si parla di un’efficacia del 75%. Infine, c’è il vaccino dell’azienda Anhui Zhifei Longcom che richiede tre dosi. Questo è simile a Novavax, perché usa teine ricombinanti basate sul legame del recettore dominio del virus Sars-CoV-2. La sperimentazione di Fase III su 29mila volontari è partita a dicembre, quindi non ci sono ancora dati sull’efficacia.

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