Nel giorno in cui l’Aifa ha dato il via libera al vaccino Pfizer-Biontech e l’Ema ha reso noto che deciderà sul siero di Moderna il prossimo 6 gennaio, le due aziende farmaceutiche hanno annunciato di aver iniziato i test dei loro vaccini sulla variante inglese del Covid, che tanta preoccupazione sta sollevando nel mondo. Il Sars-Cov-2 si dimostra un virus molto mutevole e questa mutevolezza può mettere a repentaglio la campagna vaccinale e l’efficacia dei farmaci finora adottati per contrastarlo? Ne abbiamo parlato con il professor Enzo Tramontano, docente di Scienze biologiche all’Università di Cagliari, secondo il quale “è assai prematuro lanciare degli allarmi su possibili reinfezioni o su una mancata copertura vaccinale”.
In questi giorni preoccupa molto la “variante inglese” del Covid. Perché?
In circa dieci settimane, in una zona del sud-est della Gran Bretagna, si è registrato un incremento molto significativo di casi, passati da 100 ogni 100mila abitanti a 400 ogni 100mila abitanti. Il 50% di questi nuovi casi è dovuto a una variante virale, che è frutto di diverse mutazioni, in gran parte della proteina Spike, ma non solo.
Secondo l’Ema, però, solo una mutazione sostanziale del coronavirus potrebbe mettere a rischio il funzionamento del vaccino. Che cosa deve succedere perché avvenga questa mutazione sostanziale?
Per tutti i virus una variante si impone sulle altre perché gli procura un vantaggio selettivo. Di norma questo avviene per dare al virus una maggiore trasmissibilità o una maggiore capacità di evadere l’immunità. In questo caso si ritiene che la ragione del “successo” della variante sia legata alla maggiore trasmissibilità, che risulta superiore fino al 70% rispetto al Covid non mutato.
Davanti a questo contesto quali attenzioni bisogna mettere in atto?
Essendo coinvolta la proteina Spike, bisogna prestare attenzione alla diagnostica, perché, andando a misurare solo il pezzo del genoma che viene a mancare, si può incappare in falsi negativi.
Ma queste varianti della proteina Spike possono sortire qualche effetto anche sull’antigenicità?
La risposta, ad oggi, non è ancora chiara, sono in corso studi. Di certo, è assai prematuro lanciare degli allarmi su possibili reinfezioni o su una mancata copertura vaccinale.
In Italia arriveranno diversi vaccini. Quanto saranno sicuri ed efficaci?
Sulla sicurezza mi aspetto che lo siano tutti, perché non credo proprio che l’Ema farà alcuno sconto su questo punto. Sarebbe assolutamente inaccettabile. Ho molta fiducia nell’Ema e nell’Aifa.
E sull’efficacia?
I dati sono molto sorprendenti e incoraggianti, soprattutto se pensiamo che di norma la timeline di sviluppo di un nuovo vaccino assorbe anni, se non addirittura più di un decennio. Qui tutto è avvenuto in meno di dieci mesi, sovrapponendo in parte le diverse fasi di sperimentazione, anziché farle procedere sequenzialmente. E poi sono state investite ingenti risorse, come mai è avvenuto, e ciò dà la misura di come gli Stati, quando decidono di intervenire, possono aiutare davvero a risolvere certe patologie.
Detto questo?
Proprio alla luce della rapidità con cui si è arrivati al vaccino, solo a mano a mano che accumuleremo dati nella campagna vaccinale, potremo misurarne l’efficacia di lunga durata. Per ora restano alcune domande aperte: il livello anticorpale necessario a non ammalarsi quanto durerà? La vaccinazione, che al momento riduce i sintomi, riduce in parallelo anche la contagiosità? Le persone più anziane, con un sistema immunitario più debole, quanto efficacemente risponderanno al vaccino?
Gli anticorpi monoclonali possono essere una valida difesa dal virus?
Sicuramente. Sono attualmente in corsa una decina di anticorpi monoclonali, che rappresentano un’alternativa terapeutica, e non preventiva, al vaccino, soprattutto su pazienti con sintomatologia non particolarmente severa. Il loro utilizzo può avvenire in due modi: possono essere reinfusi con il plasma precedentemente prelevato da pazienti che hanno superato l’infezione, ma è un procedimento molto macchinoso, specie se applicato su grandi numeri, oppure possono essere sviluppati sinteticamente, ma costano parecchio.
Quali sono oggi i farmaci più efficaci nella lotta al coronavirus?
Parlando da virologo, i farmaci più efficaci sono quelli che bloccano la replicazione virale e non quelli che eliminano i sintomi. E qui il remdesivir si è dimostrato il più efficace, sicuro e ben tollerato: è stato approvato dal National Institutes of Health (Nih) nei casi di infezioni non troppo gravi. L’Oms, invece, ha condotto uno studio più ampio, tenendo conto anche delle implicazioni economiche sul sistema sanitario, e ne ha sconsigliato l’uso. Di solito, però, i casi di successo farmacologico contro i virus dipendono dall’uso di cocktail, formati da più farmaci. Ma l’obiettivo è trovare un farmaco ad hoc contro il Covid-19.
Serve un lockdown più duro e più lungo, che vada oltre il 6 gennaio, per mitigare davvero questa ondata e per scongiurarne una terza?
Non è facile rispondere con un sì o con un no. Certo, il lockdown adottato in primavera ha portato a un’evidente riduzione delle infezioni, ma ha avuto un impatto economico, sociale e relazionale molto pesante. I lockdown duri sono necessari là dove i contagi sono fuori controllo. Per diventare un paese Covid free, come i paesi asiatici, forse dovremmo adottare un lockdown severo fino a fine gennaio. Però, a quale costo? Possiamo sopportarlo?
Se le misure restrittive avranno successo, sarà possibile dal 7 gennaio rilanciare il tracciamento, che in questa seconda ondata ha fallito?
La domanda dovrebbe essere un’altra: è mai stata fatta un’indagine approfondita sulle ragioni del fallimento dell’app Immuni, presentata come la panacea e poi abbandonata, e del sistema di tracciamento? E poi: era inevitabile? Come si è modificato il testing & tracing dopo la prima ondata? E perché questo adeguamento, che si pensava avrebbe retto alla seconda ondata, in realtà ha fallito? Sarebbe opportuno indagare su questi punti per capire e per correggere gli eventuali errori.
Come successo con la Spagnola un secolo fa, il Covid-19 potrebbe abbandonarci di colpo, anche grazie a un’efficace campagna vaccinale?
Non mi aspetto un’eradicazione del Covid. Il virus ormai è diffuso a livello globale e per eradicarlo servono campagne vaccinali che durano anni. Dovremo conviverci ancora per un po’, ma proprio grazie ai vaccini la convivenza sarà più facile.
(Marco Biscella)