Gli Stati Uniti e le autorità di regolamentazione federale fanno pressione su Pfizer e Moderna, produttori dei vaccini più utilizzati contro il Coronavirus, per ampliare le ricerche e gli studi clinici sugli effetti del siero sui bambini di età compresa tra i cinque e gli 11 anni. Ad annunciarlo è il New York Times che sottolinea che la richiesta è arrivata su spinta dalla FDA, la Food and Drug Administration, che ha indicato alle due case farmaceutiche di proseguire gli studi pediatrici perché quelli fin qui resi noti non sarebbero adeguati per rilevare gli effetti collaterali che le dosi di vaccino potrebbero causare ai più piccoli. Tra le possibili reazioni indesiderate ci sarebbero miocardite e pericardite, ma la domanda di vaccinazione degli under 12, limite fin qui posto dalle autorità competenti, è talmente elevato da richiedere una maggior investigazione clinica.
Da parte di FDA è arrivata la richiesta a Pfizer e Moderna di includere nello studio circa 3.000 bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni, il doppio rispetto al numero di solito richiesto affinché un trial possa essere definito “sicuro”. Da parte di Moderna è arrivata una risposta tempestiva alle richieste, anche se i tempi saranno più lunghi del previsto. Ray Jordan, portavoce della casa, ha confermato l’ok all’espansione della ricerca “per registrare un database di sicurezza più ampio che aumenta la probabilità di rilevare eventi più rari”, ma l’autorizzazione a procedere potrebbe non arrivare prima della fine del 2021. Moderna, come riferito dal NY Times, ha cominciato a reclutare pazienti già da marzo e già 2.265 sarebbero dell’età richiesta dalla FDA. Da Pfizer, invece, l’autorizzazione a procedere potrebbe arrivare già alla fine dell’estate, con un calendario più veloce e risultati attesi nel breve termine. L’azienda ha infatti reso noto l’intenzione di presentare risultati sull’età 5-11 anni già a settembre, per poi passare allo studio della fascia di età che arriva fino ai due anni e ancora studi sugli under 2 tra ottobre e novembre.
Vaccino Covid ai bimbi, la richiesta e i possibili ritardi
Le pressioni della Food and Drug Administration su Pfizer e Moderna arrivano dopo l’aumento dei positivi tra i più giovani. Più di quattro milioni di bambini e adolescenti americani sono risultati positivi al virus da inizio pandemia e 346 sono stati i decessi dichiarati. Gli esperti hanno lanciato un chiaro campanello d’allarme: l’attenzione è focalizzata sui ricoveri e i decessi degli anziani affetti da Covid-19, il rischio per i bambini è stato invece trascurato. Paul Offit, specialista in malattie infettive che fa parte del comitato consultivo sulle pratiche di immunizzazione del CDC, ha sottolineato che eventuali altri ritardi sull’autorizzazione a procedere per i vaccini per gli under 11 potrebbero mettere sempre più a serio rischio la salute dei bambini.
Già ad aprile, quando la campagna vaccinale ha preso il via deciso in tutto il mondo, da parte della FDA era arrivata la richiesta a procedere con la somministrazione del siero per i bambini dai 12 ai 15 anni. Ma solo Pfizer si era presa il “rischio” di inoculare le dosi agli under 18, mentre Moderna aveva messo le mani avanti autorizzando la somministrazione del proprio vaccino ai maggiorenni. L’agenzia ha allegato successivamente, a giugno, gli avvertimenti su potenziali problemi cardiaci alle schede dei vaccini.
Vaccino Covid, rischi e richieste negli Usa
Oltre ad interessare e animare la discussione quotidiana per garantire sicurezza per il vivere comune, i vaccino contro il Covid-19 dividono il popolo. Da studi recenti dei centri per il controllo e la prevenzione delle malattie sono infatti arrivate pubblicazioni su quelli che sarebbero gli effetti collaterali del siero su un campione di americani. A giugno, secondo i dati, la doppia dose di vaccino avrebbe causato miocardite e pericardite in più di 1.200 americani, di cui circa il 40% di età inferiore ai 30 anni. Tutti i sintomi, si rileva, si sono manifestati entro due settimane.
Ma in quali casi, negli Usa, è richiesto il vaccino. Stando all’analisi del NY Times diverse sono le situazioni in cui la doppia somministrazione del siero è condizione necessaria per accedere a cultura e lavoro. Nello specifico oltre 400 college e università richiedono agli studenti di essere vaccinati per poter frequentare i corsi, così come ospedali e centri medici chiedono la doppia dose al proprio personale per evitare possibili focolai interni. Gli Stati Uniti, a differenza dell’Italia, hanno poi aggiornato le linee guida governative dando la possibilità ai datori di lavoro di richiedere il vaccino obbligatorio ai propri dipendenti, dunque gli impiegati potrebbero vedersi chiudere la porta dell’ufficio nel caso in cui non si attestasse l’avvenuta vaccinazione richiesta.