Dopo le tre sentenze della Corte Costituzionale del 9 febbraio scorso, quali sono gli sviluppi o le novità circa le migliaia di ricorsi pendenti in merito all’imposizione dell’obbligo vaccinale?
A tenere sempre vivo il dibattito a livello mediatico e a lasciare varie questioni aperte anche sul piano giuridico sono in realtà molteplici fattori, con prospettive che si sviluppano su strade diverse e si allargano sul piano europeo. Al momento nulla è chiuso o definitivo.
Nuova udienza in Corte Costituzionale
Il 4 aprile scorso la Corte Costituzionale ha tenuto un’altra udienza pubblica (dopo quella del 30 novembre 2022) sempre sulla legittimità di aspetti connessi all’obbligo vaccinale. La questione è stata sollevata dal Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia (ordinanza 118/2022), che in buona parte ricalca le obiezioni già poste con l’ordinanza 351/2022, tutte respinte punto per punto dalle sentenze del 9 febbraio scorso.
Questo nuovo caso parte dal contenzioso fra una psicoterapeuta iscritta all’Albo dell’Ordine degli psicologi della Regione Sicilia, sospesa per inadempimento all’obbligo vaccinale, con conseguente preclusione assoluta allo svolgimento di qualsiasi attività professionale in forma autonoma, in quanto il decreto legge 44/2021 pone la vaccinazione come “requisito essenziale” ai fini dell’iscrizione agli albi territoriali e quindi all’esercizio della professione. L’effetto sospensivo automatico e totale appare tuttavia un sacrificio “sproporzionato”. Se l’obiettivo perseguito dalla norma – si scrive nell’ordinanza – è la salute pubblica e dei pazienti in particolare, evitando il contagio, si potevano configurare divieti più miti e graduali, come vietare soltanto i contatti di prossimità.
Per conoscere il dispositivo ci vorrà del tempo, ma intanto l’udienza del 4 aprile ha fatto notizia soprattutto per le modalità organizzative volute dalla presidente Silvana Sciarra: niente riprese se non la diretta streaming istituzionale (oggi non più reperibile sul sito), niente registrazioni né cellulari, sorveglianza strettissima. Anche questa volta ci sono stati ripetuti battibecchi fra la presidente e l’avvocato Augusto Sinagra, che è tornato sul punto dell’imparzialità della Corte. Nel mirino il giudice Marco D’Alberti che – a dire di Sinagra ma non solo – “non appare imparziale”. Nominato dal presidente Mattarella il 15 settembre 2022, era stato infatti consigliere giuridico di Mario Draghi, presidente di quell’esecutivo che ha fortemente voluto la normativa sui vaccini, passata all’esame di costituzionalità giusto un paio di mesi dopo la nomina di D’Alberti. Sul punto però la presidente Sciarra ha sempre sostenuto che il collegio è perfettamente costituito, i giudici sono di per sé autorevoli, competenti, indipendenti, in grado di separare il ruolo attuale da esperienze trascorse anche in campo politico. Vedremo però (al successivo punto 3) che la questione della non neutralità della Corte torna a essere riproposta con riferimento alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Rinvio alla Corte di giustizia dell’Unione Europea
Alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha sede a Lussemburgo, pende ancora la domanda di pronuncia pregiudiziale di cui all’ordinanza del 7/12/2021 emanata dal Giudice del Lavoro di Padova, nell’ambito di un contenzioso aperto da un operatore sanitario dipendente dell’Azienda ospedaliera, sospeso perché non vaccinato (C-765/21). Il 18 gennaio 2023 c’è stata una udienza e ormai non dovrebbe mancare molto alla sentenza. Vedremo se sarà giuridica o “politica”, dicono gli avvocati, come quella della Corte Costituzionale italiana, visti gli interessi in gioco.
Le domande poste dal giudice di Padova riguardano infatti alcuni aspetti cruciali. La prima e fondamentale investe l’autorizzazione “condizionata”, emessa su parere favorevole di Ema, in relazione ai vaccini in commercio. Dica la Corte di giustizia – si chiede – se questa può ancora essere considerata valida, alla luce del fatto che sono state successivamente approvate, anche da Aifa, ben 15 cure contro il Covid che potrebbero essere più appropriate di un vaccino obbligatorio esteso a intere categorie. Sotto l’aspetto normativo si fa riferimento all’articolo 4 del Regolamento Ue 507/2006 e ai diritti fondamentali della persona dichiarati nella Carta di Nizza.
Da questa prima domanda, ne discendono altre di conseguenza. Possono questi vaccini essere utilizzati in forma obbligatoria per intere categorie senza procedimentalizzazione alcuna con finalità cautelativa? Chi è stato contagiato, e ha raggiunto una immunizzazione naturale, può chiedere una deroga dall’obbligo? E la sospensione automatica dal posto di lavoro senza retribuzione risponde al principio fondamentale di proporzionalità? Su questi argomenti la nostra Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata qualunque obiezione.
Un altro punto interessante riguarda la discriminazione di fatto che viene compiuta fra il personale sanitario dichiarato esente dall’obbligo di vaccinazione (che può esercitare la propria attività a contatto con il paziente, pur con i necessari presidi di sicurezza) e chi, pur immune in seguito al contagio, viene automaticamente sospeso dalla professione se non intende sottoporsi al vaccino entro termini prestabiliti e senza approfondite indagini mediche.
Lo stesso giudice di Padova, con ordinanza del 28/4/2022, aveva sollevato anche questioni di legittimità costituzionale, che sono state trattate nella pubblica udienza tenutasi alla Consulta il 30/11/2022 unitamente agli altri analoghi ricorsi. Tutto puntualmente respinto nella sentenza 15/2023.
Rinvio alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu)
Che la questione non sia chiusa con le sentenze del 9 febbraio scorso lo dimostra anche un ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che ha sede a Strasburgo. Lo ha presentato l’avvocato Mauro Sandri, uno dei relatori che ha dato battaglia all’udienza tenutasi alla Consulta il 30/11/2022. Vista respinta ogni istanza, non si è dato per vinto. Troppe le cose che non si possono accettare, dalla “verità scientifica” dei dati su cui si è basata tutta la narrazione pandemica alla effettiva terzietà nel giudizio della Corte Costituzionale. Secondo Sandri (che ne ha parlato in una intervista su Byoblu), i capisaldi di questo ricorso si basano in particolare sulla “non neutralità” di un organo giudicante che, per due terzi, è di nomina politica, e pertanto non dà garanzia di indipendenza e imparzialità, dovendo giudicare sulle misure legislative adottate dagli stessi soggetti che hanno fatto le nomine (emblematico il caso del giudice D’Alberti di cui si è parlato sopra). Questo aspetto appare in contrasto con l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, sul diritto a un equo processo, che pone la condizione di un tribunale “indipendente e imparziale”.
Il secondo nodo fondamentale riguarda il rapporto fra le norme volute dal governo Draghi e il diritto europeo, di cui la Corte Costituzionale ha scritto di non tenere conto, nonostante i richiami espliciti e precisi fatti da vari tribunali. La stessa Corte però elenca nella sentenza 15/2023 tutti gli organismi internazionali che si sono spesi per raccomandare le vaccinazioni. Fra questi, viene citato anche il Consiglio d’Europa, relativamente alla necessità di “assicurare una campagna vaccinale efficiente” (risoluzione 2361/2021), salvo dimenticare del tutto che lo stesso documento raccomanda, contestualmente, la necessità di non discriminare chi non può o non vuole vaccinarsi. Altro punto non considerato è quello di garantire che gli organismi di regolamentazione “siano indipendenti e privi di pressioni politiche”. Il pensiero va ad Aifa (uno dei pilastri della “scienza di Stato” su cui si è fondata la Corte), dopo quanto abbiamo potuto constatare nell’emergere dei carteggi interni e col ministro Speranza.
Secondo l’avvocato Sandri è ravvisabile anche un contrasto con l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare senza alcuna ingerenza di una autorità pubblica. A meno che, però, non ricorrano determinate condizioni, per esempio che si tratti di una misura necessaria alla “protezione della salute”.
Va detto, a tale proposito, che in una recente sentenza dell’8/4/2021 la Corte di Strasburgo ha dato ragione alla Repubblica Ceca che ha imposto un obbligo vaccinale pediatrico riguardante 10 malattie, analogo a quello italiano, di cui alla legge Lorenzin del 2017.
La Cedu ha spiegato che prevale l’esigenza sociale di proteggere la salute individuale e quella collettiva, tenuto conto dell’interesse dei minori a immunizzarsi fin dai primi anni di vita. La misura è stata valutata “proporzionata”, trattandosi di vaccinazioni considerate efficaci e sicure dalla comunità scientifica. Anche le sanzioni pecuniarie previste sono state ritenute accettabili in quanto di lieve entità. Tuttavia, poiché non possono escludersi alcuni rari effetti collaterali anche gravi, la Corte ha ricordato l’importanza delle precauzioni che devono precedere la vaccinazione, come il controllo della sicurezza del vaccino e la verifica di ogni possibile controindicazione.
Se questa è la linea giurisprudenziale tenuta finora, l’unico dato che può cambiare le valutazioni è quello “scientifico”. Nodo cruciale su cui fanno leva i ricorrenti. Il dato scientifico da considerare – dice l’avvocato Sandri – non può essere soltanto quello proveniente da fonti istituzionali. Ci sono ormai moltissime altre indagini e ricerche condotte con rigoroso metodo scientifico. Escluderle sarebbe “un vulnus al diritto di difesa”, ritornando con ciò al discorso dell’equo processo.
(2 – continua)
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