L‘efficacia dei vaccini Covid di Pfizer cala dal 95% all’83,7% dopo 4 mesi. Lo indica una relazione della casa farmaceutica del 30 aprile 2021, citata in un rapporto confidenziale dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema) che è stato ottenuto dal Fatto Quotidiano e dal consorzio investigativo VoxEurop. L’Ue, però, è venuta a conoscenza di questa riduzione dell’efficacia solo poco prima della firma del contratto per 900 milioni di dosi, siglato il 20 maggio 2021. Per la precisione due giorni prima, visto che Pfizer ha comunicato al Comitato sui medicinali a uso umano dell’Ema la prova del progressivo depotenziamento del vaccino il 18 maggio.



Contattata dal Fatto, la Commissione Ue non ha fatto sapere se sia stata pre-informata da Pfizer sulla riduzione dell’efficacia dei vaccini Covid e se e come ciò abbia contribuito alla scelta di acquistare un numero elevato di dosi. «Basiamo le nostre decisioni (…) sul parere dell’Ema. Era chiaro che per sconfiggere il virus in modo decisivo avremmo (…) potuto aver bisogno di booster per rafforzare e prolungare l’immunità, (…) sviluppare vaccini adattati alle nuove varianti (…) e che ne avremmo avuto bisogno presto e in quantità sufficienti», ha dichiarato il portavoce dell’esecutivo di Bruxelles.



IL DOCUMENTO SEGRETO DELL’EMA CHE SMASCHERA PFIZER

Il documento segreto dell’Ema rivela che Pfizer ha scoperto la riduzione dell’efficacia del vaccino Covid proseguendo gli esami sul campione clinico fino al 31 marzo 2021, quindi fino a sei mesi dall’avvio dei test che avevano portato all’approvazione da parte dell’Ema. Ma l’1 aprile, quando è stata annunciata la fine delle analisi, Pfizer ha omesso di rivelarlo, limitandosi a dichiarare che l’efficacia a 6 mesi dalla seconda dose si attesta al 91.3%. Per Peter Doshi, professore associato presso la School of Pharmacy dell’Università del Maryland e redattore del British Medical Journal, la scelta di Pfizer delle parole «implica in modo fuorviante che l’elevata efficacia fosse mantenuta per 6 mesi dopo la seconda dose», invece i dati effettivi che Pfizer possedeva «mostravano chiaramente che l’efficacia diminuiva nel tempo».



Al Fatto Quotidiano, che ha chiesto il motivo per il quale quei dati non siano stati divulgati subito, Pfizer ha replicato tramite l’addetta stampa per l’Europa, Dervila Keane: «Durante questa pandemia ci siamo impegnati a fornire informazioni tempestive e trasparenti». Inoltre, l’inchiesta giornalistica svela che il Comitato sui medicinali a uso umano dell’Ema ha cominciato ad esaminare i dati oltre un mese dopo averli ricevuti da Pfizer. Il 16 settembre è stato prodotto un rapporto di valutazione, quello finora segreto, che riassume i chiarimenti ricevuti dalla casa farmaceutica, secondo cui la riduzione dell’efficacia è da imputare al vaccino stesso, non alla variante Delta che peraltro non era ancora emersa all’epoca dello studio.

“COMMISSIONE UE DOVEVA CHIEDERE NUOVO STUDIO A PFIZER”

C’è un altro particolare non trascurabile. Il Comitato che fa capo all’Ema è formato da delegati degli organi di vigilanza nazionali. Per l’Italia c’era Giorgio Palù, presidente dell’Aifa e all’epoca pure membro del Comitato tecnico scientifico istituito presso il ministero della Salute per guidare la strategia del governo sull’emergenza che era in corso. Il Fatto Quotidiano precisa che non è noto se Palù abbia discusso dei dati sul vaccino Covid di Pfizer con Giovanni Rezza e Silvio Brusaferro, rispettivamente all’epoca direttore della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute e presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), entrambi membri del Cts. Guido Rasi, ex consulente del Commissario all’emergenza sanitaria Francesco Paolo Figliuolo e in precedenza direttore dell’Ema quando è scoppiata la pandemia, ha spiegato che «l’efficacia clinica è un indicatore importante ma non conclusivo della protezione offerta dal vaccino contro la malattia».

D’altra parte, per Rasi, anche se il calo di immunità dei vaccini Covid di Pfizer era «prevedibile e risultasse abbastanza contenuto», Commissione e Presidenza Ue avrebbero dovuto chiedere «uno studio sulla popolazione reale per un arco temporale sufficiente a verificare l’effettiva durata della protezione». Anche Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive, ha affermato al Fatto che Pfizer avrebbe dovuto dichiarare subito la riduzione dell’efficacia del vaccino Covid. «Non fornire i dati è stata una scelta politica sia perché alcune persone avrebbero potuto decidere di non vaccinarsi sia perché in ogni caso, in quel momento, non vi erano sufficienti dosi per anticipare i booster».

“TUTELATI GLI INTERESSI COMMERCIALI DI PFIZER”

Pfizer ha ufficializzato la riduzione dell’efficacia dei vaccini Covid nel tempo solo a fine luglio 2021, nella rivista Medrxiv. L’Ema, però, non ne ha mai parlato nelle sue pubblicazioni, pur attribuendo al calo di efficacia «un maggior rischio di reinfezione» in un resoconto dello scorso ottobre. L’ufficio stampa dell’Ema continua a ribadire che l’unico valore di efficacia che merita segnalazione è quello registrato «alla prima insorgenza di Covid almeno 7 giorni dopo la dose 2», in base a quanto concordato da Pfizer con le autorità di regolamentazione nei protocolli di sperimentazione. Peter Doshi, però, fa notare che questa spiegazione «tutela gli interessi commerciali di Pfizer a scapito di quello generale».

L’esperto al Fatto sottolinea che «è più importante sapere quanto un vaccino riesce a proteggere nel momento in cui si contrae la malattia, anche a distanza di mesi dalla somministrazione, che non quando raggiunge il suo picco di efficacia sette giorni dopo la seconda dose». La misurazione dell’efficacia sul lungo periodo era una delle condizioni imposte a Pfizer nel via libera condizionale. Ma nell’autunno 2022, dopo l’approvazione dei vaccini adattati alle nuove varianti, l’Ema ha dato l’autorizzazione definitiva ai vaccini Covid, liberando la casa farmaceutica dai suoi obblighi.