Quando si parla di efficacia dei vaccini Covid bisogna dividere i piani, perché c’è un tasso che riguarda la protezione dal contagio e uno da casi gravi (ricoveri e decessi). Quel che ormai è chiaro è che decade a partire dai tre mesi, ma soprattutto dopo sei mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario, soprattutto per quanto riguarda il contagio. Ma questo calo non ha un andamento simile a quello della protezione dai casi gravi, che invece perdura, quindi si è esposti all’infezione, ma con la consapevolezza di essere comunque protetti dal rischio di finire in ospedale o addirittura morire, anche se con percentuali diverse per fragili e soggetti con patologie pregresse. E questo lo dimostra la variante Omicron, che sembra in grado di infettare anche i vaccinati, i quali sono comunque protetti dagli sviluppi della malattia.
A questa doverosa premessa se ne aggiunge un’altra: l’efficacia non è un numero fisso. Lo ha spiegato l’immunologa Antonella Viola in un articolo del Corriere della Sera scritto per il quale ha collaborato con Cristina Marrone. Ci sono diversi fattori da tener presente: ad esempio, la tipologia dei vaccini, gli studi effettuati (laboratorio o mondo reale), età partecipanti o situazione epidemiologica del Paese. Se l’efficacia del vaccino è del 70%, allora c’è il 30% di possibilità di contagiarsi o ammalarsi.
GLI STUDI SULL’EFFICACIA DEI VACCINI COVID
Al momento non ci sono dati sulla protezione dalla variante Omicron con singola dose di vaccino. Ma c’è uno studio sulla variante Delta, pubblicato in estate sul New England Journal of Medicine, da cui è emerso come l’efficacia dei vaccini Pfizer e AstraZeneca si fermasse al 30% dopo la prima dose. Per questo chi non completa il ciclo primario è “suscettibile”. Discorso diverso per i vaccinati con monodose Johnson & Johnson. Una ricerca pubblicata su Science ha evidenziato un calo drastico al 13% della protezione dall’infezione a sei mesi dalla somministrazione, invece è rimasta accettabile la protezione da malattia grave o morte: tra il 52% e il 73%. Dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss) alla mano, l’efficacia dal contagio dei vaccini dopo 5 mesi scende dal 73% a 35%, mentre resta alta sulla malattia severa, evidenziando un lieve calo dal 92,7% all’82,6%. I dati dal mondo reale invece per Pfizer e Moderna mostrano un calo per la protezione dal contagio a sei mesi dalla seconda dose dal’86% iniziale al 43-58%, invece contro il decesso tra il 70 e l’83%. Per quanto riguarda AstraZeneca, l’efficacia è stimata al 60% a 5-6 mesi dalla seconda dose.
TERZA DOSE E OMICRON: PRIMO CALO ANTICORPI DOPO TRE MESI?
La variante Omicron ha mischiato le carte in tavola, perché dai dati preliminari pubblicati dalla UK Health Security Agency si evince che AstraZeneca dopo sei mesi non protegge affatto dal contagio con questa variante, mentre Pfizer ha un tasso di efficacia del 34%. Da qui la necessità di procedere con la terza dose, che in Italia viene fatta con i vaccini a mRna, quindi Pfizer e Moderna. L’efficacia così risale al 75,5% per l’infezione e balza al 93,4% per la malattia severa. Ma ci sono domande a cui trovare risposta: cosa succede con la variante Omicron e quanto dura la protezione conferita dalla terza dose, perché dati preliminari non ancora pubblicati che arrivano dall’Israele, riporta il Corriere della Sera, segnalano un primo calo di anticorpi a tre mesi, ma non è chiaro cosa succeda con Omicron. Ad abbozzare una risposta è il Regno Unito, secondo cui la terza dose con Pfizer riporta i vaccinati con AstraZeneca a un’efficacia dal contagio al 71%, quelli con tre dosi Pfizer al 76%, tenendo conto che Moderna è sovrapponibile come efficacia.