La protezione conferita dai vaccini contro il contagio comincia a indebolirsi dal primo mese dopo la seconda dose, ma resta forte contro forma grave di Covid e morte. Lo stabilisce un nuovo studio che si è occupato di durata e qualità dello “scudo” dei vaccini a mRna come Pfizer-BioNTech e Moderna. Si tratta dello studio condotto in Qatar e pubblicato dal New England Journal of Medicine, tra le riviste scientifiche più autorevoli al mondo. Dunque, la protezione dal contagio arriva al 20% dopo il quinto mese dalla seconda dose. Ma tale decremento non riguarda la protezione dalla malattia. L’analisi coordinata dal Weill Cornell Medicine di Doha conferma quanto emerso da uno studio realizzato in Israele sul rischio di contagio dopo la seconda dose.



Quest’ultima ricerca si basa sui dati della popolazione del Qatar, che ha un tasso percentuale della popolazione vaccinata pari al 77% e un 5% di popolazione che ogni settimana si sottopone a tampone molecolare. Sono stati valutati, quindi, i casi di infezione tra il 21 dicembre 2020 e il 5 settembre scorso su quasi 950mila persone che avevano ricevuto uno o due dosi di vaccino a Rna messaggero.



STUDIO QATAR: I DATI SU PROTEZIONE CONTAGIO

I ricercatori hanno concluso che la protezione del vaccino contro l’infezione è trascurabile nelle prime due settimane dopo la somministrazione, arriva al 36,8% nella terza settimana fino ad arrivare al picco del 77,5% dopo un mese. Poi la protezione dal contagio comincia a scendere: al 69,6% dopo tre mesi, al 51,7% dopo quattro fino a scendere al 22,5% al quinto mese, un livello che perdura fino al settimo mese, quando si conclude il periodo di osservazione dello studio. Ma è diversa la situazione relativa alla protezione contro le forme severe di Covid-19 e contro la morte. Infatti, dopo tre settimane arriva al 66,1%, si arriva il picco del 96,8% dopo due mesi e poi inizia gradualmente a scendere al 94,3% al terzo mese, l’83,7% al quarto, il 55,6% dopo il settimo mese.



Questi risultati confermano comunque la necessità di una dose “booster”. Infatti, Marco Cavaleri dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha dichiarato: «La raccomandazione attuale è di somministrare la dose booster preferibilmente dopo 6 mesi. I dati disponibili supportano la somministrazione sicura ed efficace di una dose di richiamo già a 3 mesi dal completamento della vaccinazione primaria». Invece è «troppo presto per dire se serviranno adattamenti dai vaccini attuali contro il Covid alla variante Omicron».

CAVALERI (EMA) “CALO CONSIDEREVOLE CON OMICRON”

Dai dati preliminari sulla variante Omicron si evince che «c’è un considerevole calo della capacità di vaccinati o guariti di respingere la variante Omicron del Covid. Ma ci servono altri dati per poter determinare il livello di immunità fornito dai vaccini contro la variante». Al momento non ci sono dati sull’efficacia dei vaccini contro questa variante, ha aggiunto Marco Cavaleri. «Le aziende che commercializzano i vaccini Covid-19 sono tenute a presentare i risultati dei test di laboratorio per determinare il livello di neutralizzazione per Omicron. Siamo pronti ad agire rapidamente quando necessario». Per quanto riguarda invece la situazione epidemiologica europea, Cavaleri la definisce «è ancora estremamente preoccupante a causa della diffusione della variante Delta». E stanno aumentano anche casi e ricoveri tra bambini di età compresa fra i 5 e 11 anni, così come sono in crescita i ricoveri. Per questo ritiene che «tutti i bambini di questa fascia di età devono essere considerati per la vaccinazione, anche se deve essere data la priorità ai soggetti a rischio di contrarre forme gravi di covid». A tal proposito, «i dati sulla sicurezza dei vaccini per questa fascia di età sono rassicuranti. A ora, non è emersa, dalla campagna vaccinale estesa negli Usa, alcuna preoccupazione per la sicurezza».