La Lombardia è tornata in testa al gruppo. Ha raggiunto 112.667 vaccinazioni in un giorno (record assoluto italiano; il Lazio, appena 37.395). Di più è impossibile. Con ferocia razionale si sono eliminate le scorte inutilmente piazzate in piccoli presìdi, non ci sono sacche di inadempienza, e la macchina messa in moto da Fontana-Moratti-Bertolaso potrebbe migliorare i suoi numeri ma bisogna fare i conti con gli approvvigionamenti. Si lavora just in time, senza dissipare la moneta preziosa del tempo con soste nei magazzini.



Un successo clamoroso, ma perché la televisione non ne parla, i quotidiani tacciono? Un’idea ce l’avrei: è una mescolanza di odio ideologico e di invidia antropologica. Succede così a chi non sa farsi perdonare un’efficienza e una produttività superiore non solo nel settore privato (il Veneto, certe zone dell’Emilia-Romagna e delle Marche non sono certo da meno), ma soprattutto in quello pubblico, dove la capacità operativa, specie in campo sanitario e in generale del welfare, è stata soprattutto nel primo decennio di questo secolo, con la presidenza di Roberto Formigoni, un esempio per l’Europa intera.



Poi è accaduto che il Covid concentrasse la sua aggressione all’umanità in un punto preciso del mondo, applicandosi con una violenza inaudita proprio su questa terra racchiusa tra le Alpi e il Po (Nord-Sud) e tra il Ticino e il Mincio (Ovest-Est). Si è portati volentieri a dimenticarlo. L’acme del morbo planetario non è esploso genericamente in Italia o nel Nord-Italia. Ha preso proprio la mira. Non c’era alcuna esperienza nell’universo a cui attingere. La diffusione e la letalità assolutamente eccezionali registratesi nelle provincie lombarde hanno messo in crisi il sistema sanitario. Errori ce n’è stati. Ma nel momento dei morti insepolti, invece della solidarietà e dell’aiuto, si sono scatenate le campagne accusatorie per i morti negli ospizi (un’amarissima caratteristica in tutti i Paesi d’Europa) e per le ordinazioni dei camici.



Infine gli intoppi iniziali nelle vaccinazioni e il fiasco di alcuni servizi informatici sono diventati il vessillo sconcio della denigrazione, che ha preso piede sulle prime pagine di tutti i i quotidiani anche lombardi. Figuriamoci quelli romani e del Sud oltre che i Tg. Tutti ridevano della defaillance lombarda. Si gode sempre quando il campione improvvisamente va in crisi su una salita, cerca una borraccia e non la trova, e nessuno gliela passa.

L’esperto dell’organizzazione nelle emergenze, Guido Bertolaso, è stato trattato, benché avesse appena messo piede a Milano, come un fallito a prescindere, insieme a quella presuntuosa di Letizia Moratti, a cui Attilio Fontana aveva concesso fiducia.

Tempo un mese e la macchina lombarda fila come nessun’altra. Non è importante solo per l’orgoglio locale, ma per l’intero Paese. Se si affloscia la potenza della locomotiva è un guaio per tutti. Ora la squadra lombarda non deve filare dritta e solitaria verso la meta. Tenga agganciati i vagoni del resto del Paese. Perdoni chi in questi mesi ne ha lapidato la guida. Le altre Regioni – in primis la Toscana e la Puglia – ci vengano a scuola. Ci si salva insieme.

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