In questo frullato di idee e controidee su cosa e come fare per arginare la terza ondata del contagio, sono emerse due scuole di pensiero, che rischiano di spingere ancora una volta l’opinione pubblica su fronti manichei. La prima è targata Boris Johnson, con la sua eliminazione totale di ogni restrizione pervicacemente fissata sul 19 luglio, nonostante i contagi in Inghilterra superino ormai quota 30 mila. La seconda, più recente, è quella di Emmanuel Macron, con il suo obbligo al green pass per qualsiasi attività sociale, malgrado la Francia conti “appena” settemila casi positivi, ma con un trend in costante rialzo.
In Inghilterra si farà affidamento – dice Johnson – sulla “responsabilità individuale”, ad esempio sull’utilizzo delle mascherine negli ambienti chiusi, ma si sa che quanto non venga espressamente vietato solitamente sia inteso come ammesso. Per non dire dell’intemperanza a qualsiasi comportamento virtuoso di una buona fetta di inglesi, esplosa anche recentemente negli stadi. È facile quindi prevedere una prossima, più massiccia impennata dei contagi, con statisticamente inevitabili rialzi di ricoveri e decessi, anche se in misura attenuata rispetto al recente passato. Salvaguardata invece la “libertà individuale”, alla quale più volte il Premier zazzeruto s’è richiamato nel giustificare le proprie decisioni in contrasto con i consigli dei suoi scienziati.
In Francia, la prima conseguenza della dottrina Macron (già finita allo studio dell’Ue per una possibile estensione comunitaria) è stato invece il boom di prenotazioni vaccinali (più di un milione) registrato subito dopo l’annuncio delle nuove regole. Un boom alimentato prevalentemente dai giovani, che certo non intendono rinunciare ad alcuna socialità. Resta per ora invece indifferente la quota di over 60 ancora non immunizzati, spesso abitanti di zone decentrate, e scarsamente interessati a spostamenti, bar e quant’altro sottoposto all’obbligo del pass vaccinale. Una quota per la quale andrebbero studiati in Francia (ma non solo) convincimenti diversi.
Le variegate posizioni assunte dalle forze politiche italiane sulla linea Macron, ma anche sul liberi tutti di Johnson, evidenziano un fatto: tutti hanno ragione e tutti hanno torto. Il principio dev’essere la tutela della salute dei più o la libertà anche sanitaria dei singoli? Non è questione da poco, tant’è che nessuno ha ancora mai promulgato obblighi vaccinali veri e propri, anche se la nuova dottrina francese vi s’avvicina. È una faccenda che nemmeno la nostra Costituzione dirime: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art. 32). Ancora la dualità singolo-molti, insomma, che ha generato nel tempo l’adozione di atteggiamenti anche agli antipodi: si ricorda la vaccinazione antipolio di massa imposta nel 1966 (con i pullman dedicati davanti alle scuole), ma gli oncologi sottolineano la perdurante mancanza del divieto totale di fumo, attivo e passivo, che pur da anni si sa cancerogeno.
A questo punto, sembrerebbe il caso di proporre una terza via, non pilatesca ma mediamente ponderata, da Paese “non allineato”, una via mediana tra Johnson e Macron, una via italiana che punti alla tutela della salute dei giovani (bisogna ricordare che la scuola dovrà presto riaprire) con campagne mirate e diffusione capillare degli hotspot (anche mobili, davanti le scuole e nei luoghi di maggiore socialità: si è fatto per la polio, perché no per il Covid?) e un concreto coinvolgimento della medicina territoriale (medici di base e guardie) nell’esercitare pressioni sui “meno giovani” ancora non vaccinati (un impegno finora rimasto sulla carta).
E perché non adottare un sistema di ticket sanitari maggiorati per chi diserta la vaccinazione? Anche l’obbligo del pass potrebbe aiutare, ma limitatamente all’uso dei mezzi pubblici, o all’ingresso in cinema e teatri, ossia in quegli accessi per cui già esiste un controllo all’entrata (checché ne dica Macron, è illusorio pensare che baristi o ristoratori vogliano, o possano, verificare i pass). Ma più ancora sarebbe urgente rivedere i parametri utilizzati dal Cts per stabilire i colori delle regioni: va agganciato il numero dei tamponi positivi al numero dei ricoveri, per ottenere un quadro davvero reale della gravità della situazione. Se si continuerà a basarsi prevalentemente sull’Rt dei contagi, presto tutta l’Italia diventerà gialla o arancione, con conseguenti, e stavolta quasi inutili restrizioni.
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