Il 9 novembre scorso, a poco più di 10 mesi dall’esplosione della pandemia di Covid-19, l’azienda farmaceutica tedesca BioNtech, fondata da una coppia di scienziati di origine turca, in collaborazione con la multinazionale americana Pfizer, annunciava al mondo la scoperta del primo vaccino contro il coronavirus. Un risultato scientifico straordinario, che ha fornito al mondo l’unico strumento in grado di contrastare efficacemente il virus che ha stravolto le nostre vite.



In breve tempo le agenzie regolatorie del farmaco hanno approvato quattro diversi vaccini: quello di Pfizer-BioNtech, AstraZeneca, Moderna e Johnson&Johnson.

È così iniziata la più grande campagna vaccinale della storia e i primi risultati provenienti da Israele e dal Regno Unito hanno confermato su larga scala l’efficacia di questi prodotti, evidenziando come un’estensiva vaccinazione consente di ridurre i decessi, le ospedalizzazioni e la diffusione del virus.



In Italia non ci siamo fatti mancare nulla.

Dapprima, un piano vaccinale che ha consentito alle Regioni di non seguire il criterio anagrafico, ha creato una serie di accessi al vaccino per categorie professionali, indebolendo i risultati della campagna vaccinale e rallentando il processo di immunizzazione della quota di popolazione esposta a un rischio maggiore.

Un secondo problema è sorto con la diversa capacità delle Regioni nel gestire il sistema di prenotazioni. Emblematici i casi occorsi in Regione Lombardia, che hanno costretto il governo regionale ad affidarsi al sistema di Poste Italiane.



Si è così giunti al decreto del Commissario straordinario Figliuolo del 9 aprile, per ripristinare una logica nella confusione che si era creata. Stretta osservanza del criterio anagrafico, parallela immunizzazione del personale sanitario e socio-sanitario che opera in presenza e via libera alle altre categorie solo quando sarà conclusa la vaccinazione degli over 60.

Trascorso il primo trimestre e fatta chiarezza sulle priorità, è possibile procedere a una prima valutazione della campagna vaccinale. In tal senso, il Laboratorio MeS della Scuola Superiore Sant’Anna ha predisposto un report settimanale che consente di analizzare la gestione dei vaccini nelle diverse regioni italiane.

Il report preparato dal Laboratorio Mes è liberamente scaricabile e valuta una serie di indicatori di monitoraggio costruiti a partire dal dato rilasciato quotidianamente dalla Protezione civile e dal Report settimanale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Gli indicatori monitorano gli aspetti più rilevanti della vaccinazione. Tra i diversi indicatori analizzati si trovano la capacità di utilizzo delle dosi consegnate, la rapidità di immunizzazione della popolazione con più di 80 anni di età, di quella tra 70 e 79 anni e la protezione garantita agli ospiti delle Rsa.

Il dato è facilmente leggibile anche da chi non ha dimestichezza con i numeri: ogni indicatore è descritto da un istogramma in cui le regioni sono colorate dal verde al rosso in base alla loro posizione. In aggiunta, una valutazione sintetica della capacità regionale di gestire la campagna vaccinale è costituita dal Bersaglio MeS.

Il Bersaglio è un metodo di rappresentazione che consente di visualizzare in modo immediato la performance di una regione e di confrontare tale performance con quella di altre regioni. Come in un bersaglio per freccette, più gli indicatori si posizionano al centro, migliore è la performance regionale. Infine, alcune mappe consentono di monitorare l’andamento settimanale della campagna vaccinale.

Seguiamo ora il report appena pubblicato, così da avere un’idea di come sta procedendo la campagna vaccinale nelle diverse regioni. Iniziamo con una mappa che descrive la copertura vaccinale della popolazione con almeno una dose somministrata (in orizzontale, asse ascisse) e la crescita osservata nell’ultima settimana (in verticale, asse ordinate).

I quattro quadranti che si delineano distinguono, in alto a destra, le regioni con la maggiore quota di popolazione vaccinata e al contempo la crescita più elevata. Si tratta di regioni per lo più di dimensioni ridotte. Nel quadrante in basso a destra si trovano le regioni che hanno già coperto una buona parte della popolazione, ma che non hanno avuto un sensibile miglioramento nell’ultima settimana. In questo quadrante ricadono Emilia-Romagna, Toscana e Veneto, le regioni con le migliori performance del sistema sanitario.

In alto a sinistra vi sono le regioni con minore copertura della popolazione, ma che stanno recuperando terreno migliorando la loro performance settimanale, mentre in basso a sinistra le regioni che ancora sono in ritardo sia come copertura sia come crescita. Qui si trovano le regioni che normalmente presentano criticità dei sistemi sanitari e a sorpresa la Lombardia, che annovera al contrario un sistema sanitario di elevata qualità.

È probabile che questo posizionamento della Lombardia sia ancora il frutto dell’inizio stentato della campagna vaccinale, che, come vedremo in seguito, sta mostrando una positiva inversione di tendenza. Questo indicatore, che monitora la quota di popolazione vaccinata con una dose, è meramente illustrativo, perché non è dettagliato per livello di rischio della popolazione.

Risulta, invece, più interessante osservare le stesse mappe per la popolazione over 80 e per la popolazione di età compresa tra i 70 e i 79 anni.

In questa mappa vediamo le regioni che stanno proseguendo con la vaccinazione della fetta di popolazione a maggior rischio. La Toscana, che aveva gravi ritardi, ha accelerato nell’ultima settimana, così come è buona la performance di Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, tra le altre. La situazione è critica in Calabria, Campania, Sardegna e Sicilia.

Gli altri indicatori disponibili nel report MeS ci dicono che Emilia-Romagna, Veneto e Lazio sono già ad un buon livello di copertura della popolazione tra i 70 e i 79 anni, mentre in ritardo, anche in questo caso, troviamo regioni come la Calabria e la Sicilia.

Per quanto riguarda la copertura degli ospiti delle Rsa si segnala il completamento del primo ciclo vaccinale in Lombardia, Toscana, Lazio e Piemonte, mentre in netto ritardo sono Valle d’Aosta, Provincia di Bolzano, Sicilia e Puglia.

Un’idea complessiva delle performance della campagna vaccinale, come anticipato, la forniscono i Bersagli, sintetizzando i diversi indicatori. Riportiamo due esempi, confrontando le regioni con le migliori performance dei sistemi sanitari (Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto) e, di seguito, le regioni con performance non sempre ottimali, con l’aggiunta del Lazio che è probabilmente la regione che meglio si sta comportando con i vaccini.

Tra queste regioni, l’Emilia-Romagna ha una performance complessiva migliore, mentre Toscana e Lombardia sembrano aver privilegiato il personale scolastico e, quindi, sono ancora in ritardo sulle quote di popolazione a maggior rischio. Il Veneto deve accelerare nella copertura delle Rsa.

Il secondo set di bersagli ci mostra invece come alcune regioni del Sud Italia non riescano a gestire in modo efficiente questa campagna vaccinale. Non va male la Campania, anche se sugli over 80 deve migliorare, mentre Sicilia e Calabria confermano i loro limiti nel garantire una sanità di qualità.

Il Lazio è indubbiamente la regione che meglio si sta comportando, avendo favorito i cittadini a maggior rischio.

Come da più parti richiamato, il vaccino è la vera arma che ci consentirà di uscire da questa pandemia. Riusciremo a proteggere le persone fragili, diminuendo il numero di decessi, il sistema sanitario ne beneficerà, riducendo lo stress a cui è stato sottoposto e potendo così ripristinare le attività che in questo ultimo anno sono state trascurate. Infine, ma non ultime, l’economia potrà ripartire e le scuole potranno avere una prospettiva di ripresa dell’attività che sia finalmente continuativa.

Perché questo avvenga in tempi brevi è necessario che le Regioni riducano la variabilità che ancora si osserva tra le loro performance. Il vantaggio di avere un sistema sanitario che si articola su scala regionale deve rivelarsi in circostanze come questa, evidenziando una più agile capacità organizzativa e una più efficiente gestione dell’emergenza.

Un’ultima considerazione: mentre da questa parte del mondo ci interroghiamo sul momento in cui avremo il 100% di popolazione immunizzata, qualche miliardo di persone che vive nelle 92 economie più povere del mondo si affida al programma Covax. Dall’ultimo report rilasciato si stima che per fine 2021 si riuscirà a vaccinare il 20% della popolazione di questi paesi. Non è solo un problema di equità e solidarietà, ma è un problema di salute pubblica internazionale. Un ritardo nell’immunizzare le economie più fragili favorisce la circolazione del virus e aumenta il rischio di varianti, e di conseguenza aumenta il rischio di varianti resistenti al vaccino.

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