“Il vaccino? L’Ema ha iniziato la fase definita di rolling review, confidiamo di averlo a dicembre”. Chi ha pronunciato queste parole? L’amministratore delegato di Pfizer? Il Ceo di Moderna? Il numero uno di AstraZeneca? No, la dichiarazione è stata rilasciata dal nostro presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scorso 31 ottobre. E c’è da pensare che quella frase non sia stata frutto di un semplice o azzardato wishful thinking.



Del resto, a confermare che l’obiettivo non era (come poteva apparire allora) così campato per aria è arrivata l’autorizzazione, invero forse un po’ affrettata, dell’Mhra, l’agenzia del farmaco del Regno Unito, che il 2 dicembre ha approvato il vaccino della Pfizer/BionTech, la cui somministrazione è iniziata ieri: la prima vaccinata (in assoluto in Occidente) è stata la novantenne nordirlandese Margaret Keenan, mentre il primo “paziente inglese” maschio è stato l’81enne William Shakespare, candidato dal nome evocativo forse non scelto del tutto a caso. Entro fine dicembre, poi, dovrebbero essere via via vaccinate in Gran Bretagna circa 4 milioni di persone, per lo più anziane.



Sempre ieri, dagli Stati Uniti, via New York Times, è arrivata la notizia che la Fda (Food and Drug Administration) ha dichiarato, pubblicando la sua analisi online, che il vaccino di Pfizer/BionTech protegge in modo sicuro contro il Covid-19. Lo stesso ente regolatore americano domani esprimerà il suo giudizio sulla richiesta di autorizzazione d’emergenza per la somministrazione del siero, operazione che dovrebbe partire il giorno successivo, venerdì 11 dicembre: i primi a ricevere le dosi saranno i medici, che hanno già a disposizione le istruzioni sulle procedure e sulla tempistica.

Tralasciando il fatto che in Russia, Cina e Indonesia la campagna vaccinale di massa è già partita (ma su efficacia e sicurezza dei vaccini russo e cinesi, al momento, si hanno poche notizie), in Europa bocce ferme fino al 29 dicembre, giorno in cui l’Agenzia Ue del farmaco (Ema) emetterà il suo verdetto sul via libera o meno (tutto dipenderà dalla solidità dei dati presentati su qualità, sicurezza ed efficacia) all’immunizzazione con il vaccino sempre della Pfizer/BionTech. Seguirà un secondo round il 12 gennaio, quando è in programma un’altra riunione dell’Ema per dare semaforo verde al siero di Moderna. Che l’ente regolatorio europeo si sia preso qualche giorno in più, non è certo da stigmatizzare; anzi, vista la delicatezza della decisione in gioco, approfondimenti accurati, massima cautela e adeguato rigore scientifico sono più che opportuni e doverosi.



Il problema, però, non sta tanto nell’attesa fino al 29 dicembre, ma nel sapere “cosa” succederà nei giorni immediatamente successivi. Il tema lo ha sollevato proprio sul Sussidiario Stefano De Lillo, medico di base che per anni si è occupato di politiche sanitarie: “La preparazione (del piano vaccini) va pensata prima dell’autorizzazione dell’Ema. Anzi, a tal proposito, visto che siamo come in guerra contro il Covid, sarebbe il caso che venga cambiata la legge che impedisce la distribuzione del vaccino prima della sua approvazione”, così che già all’indomani della decisione “potrà essere subito distribuito e iniettato, senza perdere un minuto. Quanti casi positivi, quanti decessi, quanti medici e infermieri a rischio infezione potremmo risparmiarci?”.

Una domanda che negli altri paesi non hanno eluso. In effetti, la Francia inizierà proprio ai primi di gennaio a vaccinare i residenti delle case di riposo e gli operatori sanitari ad alto rischio con l’arrivo del primo milione di dosi. Anche la Germania è già pronta con il suo piano all’inizio del 2021 e pure il Portogallo partirà immunizzando 400mila cittadini vulnerabili, per raggiungere entro aprile il milione di persone.

E in Italia? Stando alle parole del commissario Arcuri e del ministro Speranza, che hanno finora illustrato il progetto del piano vaccini, ma non le sue coordinate operative, “il cuore della campagna vaccinale sarà tra la prossima primavera e l’estate”, mentre le prime dosi del vaccino Pfizer/BionTech arriveranno “tra il 23 e il 26 gennaio”. Rischiamo, insomma, di partire per ultimi e con l’alea di un piano vaccini che le aziende di logistica, a differenza di quel che avverrà in Francia, dove giocheranno un ruolo primario, sono ancora in attesa di conoscere. Possiamo permetterci questo ritardo?

Già la scorsa primavera l’Italia ha pagato un tributo altissimo per la cronica difficoltà, se non impossibilità, nel reperire e distribuire milioni di mascherine, pressoché introvabili sui mercati internazionali e pressoché assenti sul nostro territorio vista l’esiguità della produzione nazionale. Sarebbe imperdonabile ripetere lo stesso errore di prospettiva.

Altrimenti non si spiegherebbe perché, a fronte di ripetuti warning su una potenziale terza ondata distruttiva, il governo non intervenga con la necessaria tempestività. Oppure, visto che l’allarme più apocalittico sull’evoluzione della pandemia, nonostante e dopo l’adozione di un Dpcm che introduce misure da simil-lockdown, è arrivato dal professor Walter Ricciardi, che è consigliere del ministero della Salute – “Saranno un dicembre e gennaio terribili sul fronte del virus” – , nel momento in cui hanno immaginato il timing del piano vaccino, Conte, Speranza e Arcuri pensavano ancora ai banchi con le rotelle?