Dopo il caos AstraZeneca, la campagna vaccinale in Italia è ripresa ad una velocità ancora non massima ma di certo accelerata rispetto ai mesi di gennaio e febbraio (anche grazie ad una più ingente presenza di dosi Pfizer, Moderna e la stessa AZ): il nuovo piano vaccini del commissario all’emergenza Figliuolo è appena entrato nel vivo e ancora si dovrà vedere quali effetti avrà, ma di certo si possono apprezzare i tentativi di eliminare più possibili passaggi burocratici e “arzigogoli” evitabili (vedi primule, ndr) e una ordinanza che pone tutti i centri vaccinali in grado di creare liste di riserva per non perdere neanche una dose di vaccino avanzata.
Questo però non toglie che ancora parecchie perplessità restino specialmente sui criteri delle categorie da vaccinare e sulla strategia di somministrazione: «la fascia di età tra i 20 e i 29 anni, in cui per fortuna c’ è un bassissimo tasso di letalità (0,001 per cento), è stata vaccinata molto di più di quella compresa tra i 70 e i 79 anni», nota il Messaggero con l’editoriale di Mauro Evangelisti. E in effetti il report ufficiale del Governo in merito conferma quanto sottolineato: 580.269 persone hanno ricevuto la prima dose del vaccino anti-Covid, solo 340.817 per i 70enni.
IL PIANO VACCINI E IL NODO DELLE CATEGORIE
In termini percentuali, il dato è ancora più evidente: solo il 5% dei settantenni ha ricevuto almeno una dose, tra i ventenni siamo ben oltre il 9 per cento. Le problematiche che possano spiegare tale evento sono diverse, analizzate a fondo dal Messaggero: in primis, ha contribuito a questi numeri l’incertezza iniziale dell’Aifa sul vaccino AstraZeneca che ha autorizzato nelle prime settimane le dosi solo agli under 55. Ora però questo limite non c’è più e dunque cosa resta ancor da “freno”? «c’ entra la sacrosanta decisione di proteggere gli operatori sanitari e le forze dell’ ordine prima di tutti; ma la vera ragione del buco nero è il criterio delle “categorie da tutelare” che non solo ha rallentato la vaccinazione e offerto praterie a furbizie e corsie preferenziali, ma ha in sostanza penalizzato i settantenni», attacca il collega.
Come rileva oggi su Repubblica il costituzionalista Michele Ainis, sono inserite fin dal primo piano vaccini dell’ex commissario Arcuri categorie tra le più disparate: avvocati, magistrati, giornalisti, docenti universitari, personale amministrativo, oltre alle sacrosante scuole e forze dell’ordine. Il Messaggero si pone dunque giustamente il quesito (e lo rilanciamo anche noi): «perché abbiamo vaccinato prima il giovane assistente universitario, il quarantenne tecnico di laboratorio dell’ateneo, l’ atletico insegnante di ginnastica del liceo, mentre scuole e università sono chiuse ovunque. E intanto il 79enne, molto più a rischio visti i tassi di letalità, sta ancora aspettando e chissà quando potrà vaccinarsi in alcune regioni-lumaca».
E si che, come dimostrano gli ultimi dati ISS sui vaccinati nelle Rsa, l’efficacia dell’immunizzazione funziona eccome anche con i più anziani riducendo di tanto la letalità da Covid (tra i vaccinati l’incidenza dei decessi scende allo 0,6%, come prima di ottobre). Sempre al Messaggero, il professor Massimo Galli ( primario di Malattie infettive del Sacco di Milano) prova a spigare il perché di questa scelta particolare del piano vaccinale: «è più facile trovare i più giovani, perché sono operatori sanitari, dipendenti della scuola, membri delle forze dell’ordine; per gli anziani, invece, bisognava avere la capacità di organizzarsi e di portarli nei centri vaccinali».