Mentre i contagi e le varianti, da Como a Brescia, tornano a colpire duro e mentre il governatore Attilio Fontana decide di mettere la regione in zona arancione scuro per non ritrovarsela rossa con quasi tutto chiuso, che cosa succede alla campagna vaccinale in Lombardia? Stando ad alcuni organi di stampa, la Regione è alle prese con continui disservizi legati alla piattaforma di prenotazione per gli over 80, mentre la somministrazione delle dosi procede “con il contagocce”. E questo magro bilancio sembra stridere in modo molto ruvido con i piani di rilancio previsti dalla fase “massiva”, annunciata qualche giorno fa dall’assessore al Welfare e vice presidente Letizia Moratti e da Guido Bertolaso, consulente della Regione per il piano vaccinale, il cui obiettivo è immunizzare entro giugno 6,6 milioni di lombardi. Intanto, lunedì 8 marzo, partirà la vaccinazione di insegnanti e personale scolastico fino ai 65 anni di età.



Partiamo dal primo punto. Che la piattaforma delle prenotazioni predisposta dalla centrale acquisti regionale Aria abbia presentato più di una criticità (e non è che nel resto d’Italia sia tutto rose e fiori…), è stato ammesso dalla stessa Moratti, che non a caso ha deciso di cambiare. D’ora in avanti, infatti, per rendere più semplice e veloce la procedura le prenotazioni passeranno per la piattaforma gestita da Poste Italiane, concessa “gratuitamente” e che avrà quattro porte d’ingresso per i cittadini: portale, call center, centri postali e postini. Non solo: a chi dovrà vaccinarsi verrà data la possibilità di scegliere fra quattro date disponibili per la prenotazione.



Quanto ai numeri dei vaccinati, dati aggiornati al 4 marzo, in Lombardia sono state somministrate 748.183 dosi di vaccino contro il Covid-19, pari al 68,4% del totale di quelle consegnate. È vero, la percentuale non è tra le più alte del paese, visto che, a parte le “piccole” Valle d’Aosta al 90% e la Provincia autonoma di Bolzano sopra all’86%, ci sono regioni più grandi, come la Campania o la Toscana, che viaggiano intorno all’82%. Ma è altrettanto vero che in tutto il paese il ritmo è basso, inferiore alle attese e alle speranze. E le percentuali a volte ingannano. In termini assoluti, infatti, la Lombardia – che pure è partita in ritardo e ha dovuto fare i conti con alcuni intoppi, come l’invio di 46mila siringhe difettose a fine dicembre 2020 o la carenza di personale addetto alle vaccinazioni, a causa anche dei bandi lanciati in ritardo dall’ex commissario Arcuri – con le sue 748mila e passa somministrazioni eseguite nei suoi 88 punti vaccinali stacca nettamente il Lazio, che è al secondo posto con “appena” 481.538 dosi inoculate. In pratica, il 55% in più.



La percentuale del 68%, trattandosi perlopiù di vaccini da somministrare in doppia dose, si spiega anche con il fatto che tutte le Regioni – chi più, chi meno – hanno provveduto a tenere delle scorte: la Fondazione Gimbe, per esempio, calcola in 2 milioni, il 30% del totale, le dosi ancora conservate nei frigoriferi di tutta Italia. E solo ieri, dopo l’emanazione della circolare del ministero della Salute che prevede una dose unica per i soggetti guariti che avevano contratto il virus e alla conclusione di un vertice tra Commissario per l’emergenza Covid, ministro della Salute, capo della Protezione civile e rappresentati di Iss, Aifa e Agenas, è stata diramata la disposizione di “non tenere scorte di vaccini AstraZeneca da parte per procedere in maniera costante con le somministrazioni”.

Con l’arrivo di Draghi a Palazzo Chigi sulla campagna vaccinale il paese intero è stato chiamato a darsi una mossa. E la Lombardia non si è fatta trovare impreparata. Proprio Bertolaso ha elaborato un piano vaccini, che tra 60 hub e circa 600 spoke è stato pensato per garantire, al picco, circa 175mila vaccinazioni al giorno e a regime 140mila garantite dai centri vaccinali e 30mila garantite da “ospedali, ambulatori, strutture private, medici di medicina generale, farmacie, aziende, Rsa e altre residenze”. In buona sostanza, una sorta di anticipazione di quel piano vaccini a cui l’Esercito sta lavorando con l’idea di portare i vaccini anti-Covid “casa per casa”.

“Le dimensioni delle strutture – ha ricordato Bertolaso – vanno dai 400 metri quadrati fino a 13mila metri quadrati e tengono conto della specificità della Regione Lombardia, che necessita di una flessibilità in relazione alla conformazione geografica. Si tratta di strutture già esistenti per contenere i costi”. E a proposito di costi, la Regione ha specificato di aver investito 214 milioni di euro: 96 milioni per le vaccinazioni, 66,5 per il personale impiegato, 18,5 per il sistema informatico, 18 per le strutture sul territorio e 15 milioni di euro per l’impegno messo in campo da Ats e Asst.

Sulla carta, il piano è ambizioso ma ben congegnato. Però “tutto questo – come hanno chiosato all’unisono la Moratti e Bertolaso – è correlato alla disponibilità dei vaccini”. E qui il governo precedente e l’ex commissario non hanno certo saputo evitare “disservizi” e “forniture con il contagocce”.

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