I vaccini contro il cancro potrebbero essere più vicini, secondo quanto riferito da Alberto Mantovani ai microfoni di Adnkronos Salute. Il direttore scientifico dell’Irccs Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e professore emerito di Humanitas University ha infatti sottolineato che “il successo dei vaccini a mRna per Covid ha risvegliato e rinvigorito tutto questo mondo. Se abbiamo avuto i vaccini contro Covid, è stato anche grazie alla ricerca contro il cancro, perché i colleghi dell’università di Mainz che hanno dato origine a BioNTech, in particolare Christoph Huber che è un oncologo, stavano cercando da 20 anni di sviluppare vaccini terapeutici contro il cancro e quindi avevano tutta la tecnologia e avevano fatto la sperimentazione nell’uomo”.
In questo modo, dunque, dal cancro si è arrivati ai vaccini preventivi contro Covid e adesso, ha aggiunto il professor Mantovani, “si torna al cancro, adattando la tecnologia e con una spinta nuova. Questo successo avuto contro Covid ha accelerato il tutto, ha messo risorse. E bisogna dire che i dati iniziali ci sono già, sono già stati resi pubblici e pubblicati su riviste molto autorevoli”.
ALBERTO MANTOVANI: “VACCINI CONTRO IL CANCRO? SI STANNO SVILUPPANDO TRE STRATEGIE”
Alberto Mantovani ad Adnkronos Salute ha chiarito che, sempre per quanto concerne i sieri anti-cancro, si stanno sviluppando tre strategie e una di esse, sempre sulla base di un vaccino a mRna, è altamente individualizzata: nel tumore del paziente si identificano, con approcci di intelligenza artificiale e informatica, i bersagli contro cui dirigere il vaccino (ma non funziona per tutti i pazienti). Una seconda strategia, ha invece spiegato Mantovani, è “quella di dire: troviamo il minimo comune denominatore fra i vari tumori dei pazienti A, B, C, D e facciamo un vaccino diretto contro questo minimo comune denominatore. Questo sarebbe molto più sostenibile di un vaccino ad personam”.
Infine, una terza strategia, ha riferito Alberto Mantovani, consiste nel “combinare un vaccino a mRna con una terapia cellulare, cioè linfociti T diretti contro un bersaglio. Questa è una strategia un po’ più sofisticata e difficile. Per tutte e tre ci sono dei dati di sperimentazione clinica iniziale incoraggianti”.