Leggere l’andamento della pandemia Covid nel mondo è tutt’altro che semplice, soprattutto in virtù delle “breakthrough infections”, le infezioni di “sfondamento”. Si tratta dei casi di contagi post-vaccini. L’armatura che forniscono serve a proteggerci dalle conseguenze gravi del coronavirus, come si evince dai dati su ricoveri e morti. Ma l’emergere di infezioni post-vaccinali consente agli scienziati di raccogliere informazioni e dati sull’immunità stimolata dai vaccini. Uno studio condotto su 1.500 operatori sanitari dello Sheba Medical Center, in Israele, e pubblicato sul New England Journal of Medicine ha rilevato sintomi persistenti nel tempo in 7 dei 39 soggetti che si sono infettati ad almeno 11 giorni dal richiamo con vaccino Pfizer-BioNTech. Eric Topol dello Scripps Research Translational Insititute in California sostiene, come riportato da Domani, che questo studio «sembra suggerire che ci sono alcuni casi di long Covid anche tra le persone con infezione post-vaccinale», posto che comunque i vaccinati sviluppano prevalentemente forme lievi della malattia.



Inoltre, non si esclude che il livello degli anticorpi possa essere usato come indicazione del rischio di infezione, visto che lo studio in questione ha confrontato anche la concentrazione degli anticorpi neutralizzanti di coronavirus nel sangue dei vaccinati che si sono infatti con quello degli immunizzati non contagiati. I primi avveano titoli anticorpali inferiori a quelli dei non vaccinati infetti. Gli esperti ritengono di aver individuato, dunque, un tipo di anticorpi neutralizzanti che potrebbe essere un potenziale “biomarcatore” per predire quando sia opportuno procedere a un nuovo richiamo.



TERZA DOSE VACCINI E DURATA PROTEZIONE: COSA SAPPIAMO

Una indicazione importante che suggerisce la possibilità di individuare segnali biologici facili da rilevare correlati all’immunità. Quel che non è stata individuata, però, è la concentrazione di soglia sopra la quale ci si possa ritenere protetti anche dall’infezione. Un altro aspetto importante è quello della durata della protezione. Da uno studio condotto in Europa e negli Stati Uniti sul vaccino Pfizer-BioNTech è emerso che la protezione dall’infezione sintomatica scende di circa il 6% ogni due mesi. Il picco del 96% viene raggiunto a due mesi dalla seconda dose, si scende all’86% dopo sei mesi. Ma la protezione dalla malattia grave resta elevata, cioè del 97%. La riduzione dell’efficacia è modesta, ma comunque non ci sono dati sufficienti per valutare se sia necessaria una terza dose di richiamo. La decisione in Israele di procedere con la terza dose agli over 60 è legata ad un’analisi delle infezioni registrate dal 20 giugno al 10 luglio. Gli epidemiologi del Ministero della Salute israeliano hanno stimato che l’efficacia media del vaccino Pfizer sia del 39% per quanto riguarda la protezione dall’infezione.

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