La scorsa settimana, nel suo Interim economic outlook, l’Ocse ha evidenziato l’importanza dei vaccini per le prospettive di ripresa dell’economia mondiale. Per l’Eurozona l’organizzazione internazionale con sede a Parigi prevede un aumento del Pil del 3,9% nel 2021 e del 3,9% nel 2022, mentre per l’Italia del 4,1% quest’anno e del 4% il prossimo. Previsioni che potrebbero essere messe in discussione se il blocco delle somministrazioni del vaccino AstraZeneca dovesse proseguire o se l’adesione della popolazione alla campagna non dovesse decollare. «Non so se sarà così o meno», ci dice Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, «anche perché purtroppo le previsioni dell’Ocse mi sono sembrate troppo “rigide”. Non tengono per esempio conto della probabilità che ci possa essere una variante del virus che i vaccini non sono in grado di coprire. In questo senso l’immunologo Anthony Fauci ha fatto capire recentemente che negli Usa si potrebbe tornare a una normalità più o meno intorno alla metà del 2022».
L’Europa rischia però di rimanere indietro rispetto ad altre aree.
Bisogna intendersi su quali siano queste altre aree. Giappone, Cina e India, per esempio, stanno crescendo indipendentemente dal vaccino.
Diciamo che rischiamo di avere un handicap rispetto a Usa e Regno Unito dove la campagna vaccinale procede a buon ritmo e senza intoppi.
Probabilmente sì, sarà un handicap che si aggiunge ad altri che già avevamo. Bisogna però avere ben chiaro che per la ripresa occorrono investimenti pubblici finanziati con risorse pubbliche, come il Next Generation Eu si propone di fare. La vera ripresa è data dagli investimenti in digitalizzazione, in nuove infrastrutture. Semmai rischiamo quindi un ritardo nel rimbalzo dell’economia, che si può realizzare solo se i cittadini che possono torneranno a spendere quel denaro che è andato ad aumentare i depositi bancari e i risparmi negli ultimi mesi.
Le restrizioni che sono entrate in vigore nei giorni scorsi sono state in qualche modo presentate come una sorta di ultimo stop grazie proprio all’accelerazione della campagna vaccinale. Questa strategia rischia di essere messa in discussione?
Le restrizioni attuali sono state introdotte a causa della paura suscitata da certe proiezioni statistiche sul numero dei contagi che potrebbero esplodere. Se pensiamo all’anno scorso, nel suo piccolo l’estate è stata un momento di grande rilancio dei consumi. Con la bella stagione i contagi diminuiscono, ma non sono sconfitti del tutto. Quindi occorrerà prepararsi bene, a differenza dell’anno scorso, per l’autunno, quando il numero di vaccinati sarà comunque cresciuto. Purtroppo in queste circostanze di certezze non ce ne sono.
Nel frattempo bisognerà andare avanti con gli scostamenti di bilancio per garantire indennizzi e ristori alle categorie produttive?
Senz’altro. Del resto Draghi la scorsa settimana ha annunciato con molta tranquillità che ci sarà una nuovo scostamento di bilancio. Finché c’è una banca centrale che assorbe il nostro debito pubblico facciamone tesoro.
L’importante è che le politiche espansive non vengano ritirate troppo presto.
Direi che al momento nessuno in Europa ha realmente intenzione di tirare i remi in barca. Diverso il discorso per gli Stati Uniti, che mettono in circolo una massa di liquidità due o tre volte la nostra, con soldi che finiscono direttamente nelle tasche anche del ceto medio. A un certo punto l’apparato produttivo non riuscirà a mettere sul mercato tutti i beni necessari a soddisfare la domanda e i prezzi potranno salire. Allora la Fed potrebbe far aumentare i tassi. Credo tra l’altro che il Piano Biden rientri nella logica del rimbalzo, mentre ancora non è chiaro se si faranno investimenti utili alla vera ripresa e chi li finanzierà.
In Europa quindi i falchi devono ingoiare il rospo?
Il rospo ormai i tedeschi lo ingoiano molto tranquillamente dopo i risultati delle elezioni di domenica scorsa. Abbiamo visto che se vogliono fare troppo i puri, perdono consensi. In questa fase tra l’altro la Germania si è dimostrata disponibile a far sostenere i Paesi in difficoltà, naturalmente con una serie di vincoli.
(Lorenzo Torrisi)