Giacomo Gorini, immunologo degli anticorpi, ha lavorato a Oxford per lo sviluppo del vaccino distribuito da Astrazeneca e in un libro, “Malattia Y”, ha parlato della prossima potenziale pandemia. Sulle pagine de La Stampa, l’esperto parte raccontando il funzionamento della tecnologia mRna: “È un’informazione genetica a breve termine normalmente presente nell’organismo. Paragoniamolo a una fotocopia con alcune istruzioni per il funzionamento della cellula. Quello formulato in laboratorio, quando introdotto in un paziente per via intramuscolare, dà nuove informazioni alle sue cellule”.



Nei vaccini come quello contro il Coronavirus “c’è l’mRna di una proteina, la spike del Coronavirus. Viene iniettato per fare in modo che l’organismo replichi la proteina facendo allenare il sistema immunitario a fronteggiare il virus. Così, in caso di infezione, non è impreparato”. È questo, infatti, il meccanismo alla base dei vaccini Pfizer e Moderna somministrati nel corso della pandemia di Coronavirus. Come specificato dall’Agenzia Italiana del farmaco, l’’mRNA del vaccino non resta nell’organismo, ma si degrada poco dopo la vaccinazione.



Vaccini a mRna, nuovi studi contro i tumori

I vaccini a mRna possono essere utilizzati anche contro i tumori. Il meccanismo “non è così diverso dal vaccino contro la spike. I tumori sono cellule che mutano e si replicano in modo incontrollato. A seconda del paziente le mutazioni possono essere diverse. Per individuarle si fa un profilo genetico delle mutazioni nelle proteine delle cellule tumorali” spiega Giacomo Gorini, immunologo degli anticorpi. Con il vaccino si somministra poi “un mRna che induce la produzione delle proteine tipiche del tumore anche nel muscolo, perché vengano immediatamente distrutte dal sistema immunitario che impara così a fronteggiare le cellule tumorali evitando metastasi”.



Di studi ce ne sono vari. “Quello sul melanoma è il più avanzato ma le ricerche sono tante. Ad esempio ne sta partendo una per il tumore al pancreas” spiega l’immunologo. Da tempo in oncologia si usano gli anticorpi monoclonali che hanno differenze con l’mRna. Gorini sottolinea: “Per il melanoma si usa da anni il pembrolizumab, un farmaco biologico. Riaccende le cellule del sistema immunitario che si erano spente, perché dopo un po’ l’inganniamo si abitua al tumore e non lo combatte più. In altri casi, invece, gli anticorpi monoclonali si legano alle cellule tumorali e le fanno diventare bersagli del sistema immunitario”.