Tra le tante assurde teorie che stanno circolando in questi giorni sull’emergenza Coronavirus ce n’è una che merita un approfondimento a parte. Ci riferiamo a quella delle vaccinazioni contro il meningococco a Brescia e Bergamo. Qualcuno sostiene che ci sia un legame tra la campagna vaccinale a “tappeto” e il crescente numero di casi (e vittime) da Covid-19. Le province di Bergamo e Brescia sono le più colpite dall’epidemia, non solo della Regione Lombardia. Per questo da giorni ci si chiede – e lo fanno anche tanti esperti – il motivo. Alcuni no-vax a tal proposito stanno diffondendo diverse teorie fuorvianti su una presunta connessione tra le vaccinazioni di inizio gennaio contro il meningococco (e influenza) e il Coronavirus. «Leggiamo che a Brescia e Bergamo hanno vaccinato a tappeto la popolazione per la meningite a fine gennaio, devastandogli il sistema immunitario come accade ai bimbi che hanno la febbre per giorni dopo la vaccinazione», scrivono su Facebook. Il messaggio si è diffuso poi in maniera rapida su WhatsApp. In primis, è bene precisare che quella stessa campagna, annunciata dall’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera fu estesa in altre province, come quella di Varese, dove ci sono molti meno contagi.



CORONAVIRUS, PERCHÉ IL VACCINO ANTINFLUENZALE È RACCOMANDATO

Ma poi verrebbe da chiedersi: a Wuhan le persone sono state sottoposte alla stessa campagna vaccinale contro l’influenza? Peraltro, non ci sono prove scientifiche della connessione tra vaccini antinfluenzali e Coronavirus, mentre invece è stato dimostrato da diversi studi che i vaccini non indeboliscono il sistema immunitario. Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e professore di Igiene all’Università di Pisa, a Sky Tg24 ha chiarito che «gli anticorpi che noi sviluppiamo quando ci vacciniamo per l’influenza non hanno nessun effetto nei confronti» del Coronavirus. Il vaccino influenzale non ci protegge dal Sars-CoV-2, ma neppure ci rende vulnerabili. Inoltre, il Ministero della Salute aggiunge che «la vaccinazione antiinfluenzale è fortemente raccomandata perché rende la diagnosi differenziale (cioè la distinzione tra le due infezioni), più facile e più rapida, portando più precocemente all’isolamento di eventuali casi di coronavirus». All’estero vengono tirati in ballo studi per proporre la tesi che i vaccini antinfluenzali incrementino il rischio di contrarre il Covid-19.



LO STUDIO SULL’INTERFERENZA VIRALE

Ci riferiamo ad uno studio militare pubblicato sulla rivista scientifica Vaccine a gennaio e che viene usato per dimostrare che il vaccino anti-influenzale incrementi del 36 per cento il rischio di contrarre il Coronavirus. Tralasciando il fatto che il calcolo della percentuale fatto da chi ha scritto l’articolo sia errato, tale ricerca (che potete visualizzare cliccando qui) non ha nulla a che fare con Sars-CoV-2, che è il risultato dell’evoluzione di altri virus della stessa famiglia di Coronavirus. Peraltro, lo studio è stato revisionato a settembre e pubblicato a ottobre, quando ancora non sapevamo che avremmo avuto a che fare con questo nuovo virus. Nel portale in questione si fa poi riferimento ad una notizia del Mirror, secondo cui ai britannici che hanno ricevuto il vaccino antinfluenzale è stato suggerito l’isolamento per 12 settimane, in quanto rientrano nella categoria “ad alto rischio” dal governo. Anche in questo caso ci tocca smentire, visto che le categorie a rischio indicate per il nuovo Coronavirus sono le stesse indicate dagli altri Paesi, a partire dall’Italia, e ovviamente non fanno parte coloro che si sono vaccinati per l’influenza.

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