Il vaccino AstraZeneca fa male? E’ questa la domanda a cui è chiamata a rispondere l’Ema, l’Agenzia Europea per i Medicinali, in una riunione straordinaria convocata per giovedì. Sarà in quella sede, dopo la sospensione del siero anglo-svedese decisa da diversi Paesi europei, tra cui l’Italia, che dovrà essere stabilito se gli eventi avversi verificatesi dopo la somministrazione del vaccino abbiano o meno un “nesso causale” con il vaccino o siano invece episodi isolati. Ma come si fa ad appurarlo? Innanzitutto è bene distinguere tra “evento avverso” e “reazione avversa“: nel primo caso si parla di un problema insorto “dopo” la somministrazione del vaccino (Adverse Event Following Immunization – Aefi) dove l’unica notazione da fare è di carattere temporale: ovvero, si è verificato questo disturbo dopo la puntura ma non ha alcun legame con essa. Al contrario quando si parla di “reazione avversa” ci si riferisce ad un effetto collaterale per il quale è possibile stabilire un rapporto di causa-effetto tra la somministrazione del vaccino e la risposta nociva.



VACCINO ASTRAZENECA: COME FUNZIONA IL PROCESSO DI FARMACOVIGILANZA

Per distinguere tra evento e reazione avversa entra in gioco la farmacovigilanza, ovvero quella che AIFA (Agenzia del Farmaco Italiana) definisce “l’insieme delle attività finalizzate all’identificazione, valutazione, comprensione e prevenzione degli effetti avversi o di qualsiasi altro problema correlato all’uso dei medicinali, al fine di assicurare un rapporto beneficio/rischio favorevole per la popolazione“. Essa è basata a sua volta sulla Rete nazionale di farmacovigilanza, il network che raccoglie tutte le segnalazioni di sospette reazioni avverse compiute da medici, operatori sanitari e cittadini, che le gestisce e le analizza. Quando diverse di queste segnalazioni, valutate in maniera approfondita dall’Aifa e dai Centri regionali di farmacovigilanza convergono su uno stesso tipo di problema si accende una spia d’allarme: è quello che in gergo viene chiamato “segnale“, il sintomo che forse una possibile relazione di causa-effetto tra il disturbo osservato e il vaccino esiste realmente. A quel punto entra in gioco Ema e più precisamente il Prac, il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza, l’organismo chiamato a stabilire l’esistenza o meno di un nesso causale con il vaccino. Scendendo ancora di più nel dettaglio, ad essere coinvolti nel processo sono il database europeo EudraVigilance, gestito dall’Ema, e successivamente la Vigibase, banca dati mondiale dell’OMS, che mettono a disposizione di tutte le autorità regolatorie e della comunità scientifiche tutte le informazioni relative alle segnalazioni di sospette reazioni avverse.



VACCINO ASTRAZENECA: LE QUATTRO IPOTESI

Da questo momento in poi hanno luogo alcune valutazioni di carattere scientifico basate su segnalazioni, studi clinici ed epidemiologici, letteratura scientifica e rapporti delle aziende farmaceutiche, necessarie a stabilire se il rapporto beneficio/rischio sia invariato o se i rischi siano maggiori dei benefici: in questo caso l’autorizzazione della vaccinazione va sospesa e il vaccino ritirato. Nel caso del vaccino di AstraZeneca sono stati riferiti alcuni episodi di trombosi, sebbene in un numero apparentemente non superiore a quelli che si verificano tra i non vaccinati. In ogni caso nella valutazione vengono messe sotto esame la storia clinica del paziente che ha sperimentato il disturbo (anche con l’aiuto del medico personale), viene acquisita la sua cartella clinica e, in caso di morte, si esegue l’autopsia allo scopo di valutare nella maniera più precisa possibile la causa del decesso. Le ipotesi sono principalmente 4: la prima è che gli eventi avversi non abbiano nulla a che vedere con il vaccino AstraZeneca; la seconda è che esista un nesso di causalità tra i problemi descritti e le vaccinazioni; la terza è che il legame vi sia ma sia scaturito ad esempio da alcune impurità in alcuni lotti; la quarta è che vi sia invece un “bias di attenzione“, di fatto una reazione emotiva, scaturita sull’onda di emozione e paura, che porta le segnalazioni a moltiplicarsi. L’aumento di casi sarebbe dunque soltanto percepito, frutto di una sorta di psicosi, in passato è già successo.

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